
Un profumo antico, capace di raccontare storie di famiglia e di festa, torna a farsi sentire a Scala ogni 10 agosto, giorno dedicato a San Lorenzo. È quello del gammongiello, specialità che un tempo non poteva mancare sulle tavole scalese in occasione del patrono.
La sua preparazione cominciava molti mesi prima, durante la macellazione domestica del maiale. Da ogni animale si ricavava la parte più pregiata del prosciutto, destinata a diventare il gammongiello. Appesa nelle cantine, veniva lasciata stagionare fino alla vigilia della festa, quando finalmente entrava in pentola.
La ricetta, semplice ma ricca di sapore, prevedeva la cottura lenta della carne con verdure fresche dell’orto e il caratteristico “uncino” – l’osso con residui di carne – che donava ulteriore intensità al piatto. Il risultato era una sorta di “minestra maritata” in versione estiva, nutriente e conviviale.
Più che un pasto, il gammongiello era un rito: un simbolo di identità e di appartenenza che univa la comunità attorno ai sapori della propria terra.
A riportarlo alla memoria collettiva è stato, negli ultimi decenni, lo storico della cucina amalfitana Ezio Falcone, scomparso prematuramente, che ne ha incoraggiato il recupero. Il testimone è passato allo chef Lorenzo Mansi, custode appassionato della tradizione gastronomica locale, che continua a proporre il gammongiello come piatto-simbolo della Scala di un tempo e di oggi.
Fonte : PositanoNews.it