
Terzo appuntamento venerdì 19 settembre alle ore 20 per San Michele in Musica che vede tra gli organizzatori, al fianco del Presidente di Gestione Musica Francesco D’Arcangelo e al direttore artistico Costantino Catena, la Fondazione Carisal presieduta Domenico Credendino. Incontri tra musica arte e gusto in sinergia con Sabrina Prisco e la sua Osteria Canali. I protagonisti saranno il pianista Francesco Nicolosi e la voce recitante Stefano Valanzuolo
Terzo evento, venerdì 19 settembre alle ore 20, per “San Michele in Musica”, rassegna giunta alla sua seconda edizione, realizzata da Gestione Musica, con la sua direzione composta dal Presidente Francesco D’Arcangelo e il direttore artistico Costantino Catena, che ritorna nell’antico complesso per incontri tra musica, arte e gusto, che nascono dalla consolidata sinergia tra Salerno Classica e la fondazione Carisal. Stefano Valanzuolo ha immaginato un racconto musicale della storia del pianista Wladislaw Szpilman, detto Wladzek, scampato alle atrocità dell’olocausto in Polonia, durante la seconda guerra mondiale grazie all’aiuto di un ufficiale tedesco. La sua storia ha ispirato il film sull’Olocausto “Il pianista”, di Roman Polanski. Dei quattrocentocinquantamila ebrei rinchiusi nel ghetto di Varsavia dai tedeschi, dopo l’invasione del 1939, ne rimasero in vita soltanto ventimila. Tra i sopravvissuti, anche un pianista compositore, Wladyslaw Szpilman. A evitargli la morte sarebbe stato un ufficiale tedesco catapultato dal caso tra le macerie della capitale polacca. Un nemico cioè, un carnefice miracolosamente folgorato da un lampo di umanità e di rispetto verso l’arte e la musica. Quasi uno spiraglio di luce in mezzo all’inferno. A salvare la vita a Szpilman non fu semplicemente quell’ufficiale, ma anche la tenacia stessa con la quale il pianista seppe non arrendersi, la sua forza di volontà, il desiderio incorruttibile di vivere – lui, unico superstite della propria famiglia – fosse anche per continuare a suonare. Perché suonare, in fondo, è un modo gentile di vivere. La narrazione di Stefano Valanzuolo avrà perle preziose al suo interno, a cominciare dal Clair de lune di Claude Debussy . La fonte principale di ispirazione per questa pagina è la poesia di Verlaine, soprattutto per quello che riguarda il verso: “L’anima vostra è un paesaggio eletto che maschere e bergamaschi van seducendo al suono del liuto e tra le danze e quasi tristi dietro il loro fantastico travestimento!” Proprio la frase “Que vont charmant masques et bergamasques”, probabilmente è stata lo spunto iniziale per la composizione. All’interno di questa “suite” Clair de Lune è un momento a sé stante. Non ha a che fare con la danza, perché è qualcosa di più riflessivo, introspettivo. Spazio sonoro particolare in cui il pianoforte viene utilizzato in modo estremamente delicato, suono terso, etereo. La musica sembra evocare lo spazio esistente tra la luce e l’oscurità. Un moonlight dallo stile salottiero, ottocentesco, che scritto per offrire all’evocazione parnassiana delle maschere, un’impronta di tenerezza e lieve malinconia. Si continuerà con una Mazurka in fa minore, composta durante la permanenza di Szpilman nel Ghetto di Varsavia, la Mazurek in fa minore non è una semplice danza, ma un’opera di profonda introspezione, una testimonianza sonora di rara potenza emotiva. Utilizzando la forma più iconica della musica polacca, resa celebre da Chopin, Szpilman non evoca la spensieratezza rustica, ma la trasforma in un veicolo per la nostalgia, il dolore e la fragile speranza. Non è una danza per ballare, ma una danza per ricordare in solitudine. Il tema viene ripetuto e leggermente variato, con la melodia si fa lievemente più fluida, ma l’atmosfera generale di contenuta tristezza permane. L’uso di accordi più densi nella mano sinistra aggiunge profondità, ma senza mai rompere l’intimità del discorso musicale.
Successivamente, il brano si sposta verso tonalità maggiori, offrendo un netto contrasto emotivo. Questa sezione rappresenta un rifugio, il ricordo di un tempo più felice e sereno. La melodia diventa più cantabile, ampia e consolatoria. Le frasi sono più lunghe e connesse, suggerendo un flusso di pensiero più sereno. Il ritmo della mazurka è sempre presente, ma ora sostiene un canto nostalgico e affettuoso. Questa è la memoria del “prima”: i salotti di Varsavia, la vita, l’amore. L’oasi di pace viene gradualmente erosa da un’inquietudine crescente, che culmina in un breve ma intenso climax. Il cromatismo si intensifica, le armonie diventano più ambigue e tese. un capolavoro di sintesi emotiva, qualificandosi come un’opera profondamente polacca nel suo linguaggio, ma universale nel suo messaggio di dolore e resilienza. Attraverso la struttura familiare di una danza, Szpilman ci conduce in un viaggio straziante attraverso i paesaggi della sua anima, trasformando una forma tradizionale in un requiem personale e indimenticabile. Alla fine del 1858 Liszt rimase sconvolto dalla lettura del primo atto di Tristan und Isolde, di cui Wagner gli aveva inviato le bozze, il famoso Tristan Akkorde che aprì di fatto il secolo nuovo. In segno di deferenza non scrisse una parafrasi né una fantasia, ma una trascrizione che, mediante tremoli, arpeggi, ampi accordi e sovrapposizione di piani sonori, mantiene la sostanza della scena drammatica. Tuttavia, poiché la densità della scrittura wagneriana non gliene consentiva l’intera trascrizione al pianoforte, Liszt eliminò gran parte della linea vocale. Idea pertinente, in quanto l’orchestra suona la totalità delle linee melodiche, solo a tratti raddoppiate dalla declamazione di Isolde, estatica e appassionata. Dopo Wagner, Francesco Nicolosi proporrà Il Notturno n.20 in Do diesis minore di Chopin Anche noto come Lento con gran espressione, questo Notturno contiene tutte le caratteristiche della musica di Chopin, con la sua intensa espressività, l’intimismo proprio della forma Notturno e un profondo lirismo. Probabilmente scritto come esercizio di studio, nel periodo in cui Chopin stava lavorando alla stesura del suo Concerto in fa minore, ne propone alcuni temi e questo è forse il motivo per cui non volle mai pubblicarlo. Dopo un’introduzione di quattro battute arriva il tema principale. Alla mano sinistra sentiamo degli arpeggi molto fluidi e legati. Il notturno è un alternarsi di temi ripresi da altre opere, di pianissimo. Nella sezione centrale si passa momentaneamente a un tempo di 3⁄4, con la Coda che conduce al finale. Si passerà, poi, al Sergej Rachmaninov del Preludio op. 32 n. 10, una pagina, in cui, il contrasto tra il grande pathos epico e i momenti di cromatismo orientaleggiante nelle ultime battute è uno degli elementi più affascinanti della sua poetica. È come se Rachmaninov, con la sua maestria, fosse capace di mescolare la grandezza e il tragico con il quotidiano, il banale e il kitsch, portando la musica a un livello di contrasti emotivi davvero potenti. Finale interamente chopiniano con le Variazioni sul tema del duetto del Don Giovanni di Wolfgang Amadeus Mozart, composte nell’estate del 1827 e nell’inverno tra il 1827 e il 1828 ed è a proposito di questa composizione che, due anni dopo, Robert Schumann, allora ventunenne e critico dell’Allgemeine musikalische Zeitung di Lipsia, pronunciò il suo celebre giudizio: «Giù il cappello, signori, un genio!… Un’opera 2! Chopin, non ho mai udito questo nome, ad ogni modo è un genio». Il tema mozartiano della seduzione, presentato inizialmente in imitazioni, dà poi luogo ad una fantasia con sei variazioni, attraverso cui viene descritta per intero la figura di Don Giovanni. Finale con il quarto preludio dell’opera 28 di Chopin, in Mi Minore, un Largo, dei più noti e più belli, per l’accorato patetismo della linea melodica, sorretta da un continuo movimento accordale in una quadratura formale perfetta.
Per la serata dedicata alla terra, Sabrina Prisco di Osteria Canali ha scelto e interpretato un presidio che rappresenta fortemente il legame dell’ uomo con la sua storia e le sue radici. Il Conciato Romano è il formaggio più antico di cui si abbia notizia. Prodotto nell’alto casertano, ne parlano già Plinio e Marziale. Deve il suo nome, Conciato, alla tecnica di conservazione in anfore di terracotta con una “concia” di vino casavecchia, tipico della zona, e spezie, dopo un lavaggio fatto con l’acqua di cottura delle pettole, un formato di pasta fatta in casa. La famiglia Lombardi dell’agriturismo Le Campestre, conserva e tramanda l’arte e la memoria di questo prezioso prodotto nel cui sapore sono conservati tutti gli aromi della terra da cui proviene. Ad armonizzarsi con la musica i vini di Fontezoppa, scelti da Daniele Graziano di DG Experience, realtà fortemente territoriale che estende passione e visione enologica in due aree diverse eppur complementari: Civitanova Marche e Serrapetrona. Da un lato vigneti e vini che “sentono” il mare e lo raccontano in calici tanto sapidi quanto intensi. Dall’altro, la particolarità di un territorio tanto di nicchia quanto interessante quale Serrapetrona, patria della Vernaccia Nera e delle sue molteplici interpretazioni, fra colline pendenti e a spesso innevate. A fondere i due territori la passione per i vitigni autoctoni e per vini che non mirano ad essere immediati, bensì ricordati. Un connubio di piacevolezza ed intensità, di eccellenza e resilienza, all’insegna della connessione con la terra e con la propria tradizione: elementi che si armonizzeranno metaforicamente con il tema e i protagonisti musicali della serata.
Fonte : PositanoNews.it