
Nell’universo dell’alta cucina, per lungo tempo dominato da figure maschili, si sta facendo strada una nuova narrazione che mette al centro le donne e la loro capacità di trasformare il linguaggio, lo stile e persino la filosofia del cibo. Una delle voci più autorevoli di questo cambiamento è Chiara Pavan, stella del ristorante Venissa a Mazzorbo, che rivendica con orgoglio il titolo di cheffe, la versione femminile della parola “chef”. Un dettaglio solo in apparenza linguistico, che diventa simbolo di una battaglia culturale: nominare le donne nei loro ruoli significa riconoscerne pienamente l’esistenza e il valore.
Classe 1985, veronese di origine e ormai punto di riferimento della scena gastronomica veneziana, Chiara Pavan ha saputo trasformare una passione in una missione. Ex studentessa di Filosofia, ha portato nel mondo della cucina la stessa curiosità intellettuale che la lega ai libri, alle erbe spontanee e alle tecniche di fermentazione, diventando in pochi anni una delle voci più innovative del panorama italiano.
Dal 2017 guida il ristorante Venissa a Mazzorbo, dove ha conquistato una stella Michelin grazie a un progetto che intreccia ricerca tecnica, creatività e profondo rispetto per l’ambiente. Nei suoi piatti, i vegetali sono protagonisti assoluti, le proteine animali ridotte al minimo e la carne completamente esclusa. Una scelta che non è solo stilistica, ma etica: ogni ricetta riflette un’idea di cucina contemporanea che dialoga con il territorio e con la natura, senza sprechi e con grande attenzione all’ottimizzazione delle risorse.
Il suo impegno va oltre i fornelli. Pavan è infatti parte del progetto europeo Life Climate Smart Chefs, finanziato dal programma Life dell’Unione Europea, che coinvolge cuochi di tutto il continente come ambasciatori di diete più sane, accessibili e rispettose dell’ambiente. Un’iniziativa che sostiene la Politica Climatica Europea e la strategia “Farm to Fork”, sottolineando come il cibo sia uno strumento decisivo nella lotta al cambiamento climatico.
Grazie a questa visione, nel 2022 la guida Michelin le ha conferito il riconoscimento di Chef Donna dell’Anno, premiando non solo il talento creativo, ma anche la coerenza e la forza di un progetto che mette al centro la sostenibilità come valore imprescindibile della ristorazione d’autore.
Oggi Chiara Pavan non è soltanto una chef stellata: è un esempio di come la cucina possa farsi pensiero, linguaggio e responsabilità.
Il percorso di Pavan è emblematico: approdata quasi per caso alla cucina durante gli studi universitari, ha scoperto una vocazione che l’ha portata a formarsi in contesti di altissimo livello, da Alma a esperienze con cuoche come Valeria Piccini e Anna Matscher, figure che hanno saputo proporre un modello diverso di brigata, capace di coniugare rigore e sensibilità. Un esempio che dimostra come il talento femminile non sia una presenza marginale, ma un motore di innovazione nel panorama gastronomico.
Eppure la strada resta in salita. Il problema principale non è la fatica del lavoro in sé – turni lunghi, orari notturni, stress costante – ma ciò che la società continua ad aspettarsi dalle donne fuori dalla cucina: il peso della cura familiare, la rinuncia a spazi personali, la difficoltà di immaginare un equilibrio tra vita e carriera.
La filosofia di Chiara Pavan non si esprime solo nell’organizzazione della squadra ma anche nei piatti: una cucina “ambientale”, come lei stessa la definisce, che nasce dall’intreccio tra il territorio lagunare e la sua capacità di interpretarlo in chiave contemporanea. Moeche, specie aliene come il granchio blu, erbe rare e pesci locali diventano strumenti di una narrazione che fonde sostenibilità, ricerca e gusto.
Ma il cambiamento non resta confinato alla sala del ristorante. Dalla partecipazione come giudice a MasterChef all’impegno nella divulgazione gastronomica, Pavan rappresenta un modello per molte giovani che vedono in lei la dimostrazione concreta che la ristorazione non è un mestiere esclusivamente maschile.
Il futuro della grande cucina, forse, passerà proprio da qui: dal riconoscere e valorizzare il ruolo delle donne, non come eccezioni ma come protagoniste di un racconto collettivo che ha ancora molto da scrivere.
Fonte : PositanoNews.it