
di lucio esposito sara ciocio
Quisisana (NA) – Un viaggio nel tempo e nel gusto, tra ricordi d’infanzia e la consapevolezza di una rinascita enologica. Dalla terrazza della Reggia di Quisisana, emerge la storia di un territorio, quello di Gragnano e Lettere, che grazie alla lungimiranza di un uomo e alla forza di una comunità di piccoli produttori, ha saputo riscattare e valorizzare i suoi vini iconici.
L’intervista si apre con un aneddoto del passato, condiviso con un sorriso nostalgico: “Quando ero ragazzo nel ristorante
o’ Parrucchiano nel 1965 si servivano centinaia di bottiglie di Gragnano, ma non esisteva l’etichetta, non esisteva l’origine, non esisteva indicazione della provenienza.” Un’immagine vivida di un prodotto popolare, ma privo del riconoscimento e della tutela che meritava.
A raccogliere la sfida e a dare una nuova identità a questi vini è stato un pioniere, che nel 1991 ha iniziato un percorso di valorizzazione: “Nel 1991 la mia famiglia ha iniziato a valorizzare questi territori, tra cui quello del Gragnano e delle Lettere e nel 94 abbiamo ottenuto la denominazione di origine controllata e poi da lì è come dire iniziata una valorizzazione che ha coinvolto dopo di noi tante altre aziende.”
Un traguardo fondamentale, la Denominazione di Origine Controllata (DOC), che ha segnato l’inizio di una nuova era per il Gragnano e il Lettere, trasformandoli da semplici vini locali a espressioni autentiche di un terroir unico. Oggi, come sottolinea Mimmo Sabatino, “c’è una comunità di piccoli imprenditori, che hanno una visione al territorio, la valorizzazione di questi vini che hanno rappresentato per decenni il vino più iconico della città di Napoli, ma non solo. Quindi a noi, come dire, il testimone di poter continuare a valorizzare questi vini.”
Il ricordo di un passato senza etichetta contrasta con un episodio di cronaca più recente, che evidenzia come, nonostante i progressi, la piena consapevolezza del valore di questi vini non sia ancora universale: “Prima ho fatto riferimento a un episodio mio giovanile di 60 anni fa e mentre invece un fatto di cronaca più recente, che cosa sta succedendo? Sta succedendo che il ristorante, la figlia del marinario, c’ha queste bottiglie “ottouve” esposte, però non sa che è vino di Gragnano. Noi abbiamo chiesto al cameriere vino di Gragnano e lui ci ha detto non lo teniamo, però c’è questo.”
Un aneddoto che, con un pizzico di amarezza, sottolinea la necessità di continuare a promuovere e a far conoscere le peculiarità del Gragnano e del Lettere. L’intervistato lancia quindi un invito: “Urge fare cortesemente un lavoro inverso. Va bene? Ok, lo faremo. Invitateci tutti in azienda perché è importantissimamente. Assolutamente.”
Un appello alla collaborazione e alla condivisione, per far sì che la storia e la qualità di questi vini unici siano pienamente riconosciute e apprezzate, non solo a livello locale, ma anche oltre i confini regionali. La passione e l’impegno di chi ha creduto nella rinascita del Gragnano e del Lettere continuano a essere il motore di una valorizzazione che guarda al futuro, forte di un passato ricco di storia e di sapore.
Fonte : PositanoNews.it