
Piano di Sorrento, 16-18 ottobre 2025 – Il Centro Internazionale di Studi “G. B. Della Porta”, con il patrocinio del Comune di Piano di Sorrento, si prepara ad accogliere un evento di grande rilievo per la comunità accademica e culturale: il V Convegno Internazionale dal titolo “Scienza, letteratura ed arti nelle Accademie italiane tra ‘400 e ‘700”. L’appuntamento, in programma dal 16 al 18 ottobre 2025 nella suggestiva cornice di Villa Fondi, promette tre giornate intense di scambi e approfondimenti sul ruolo cruciale delle Accademie nell’età moderna.
Un Viaggio tra Sapere e Cultura
Il convegno, che vedrà la partecipazione di studiosi di fama internazionale, si propone di analizzare come le Accademie abbiano plasmato il panorama intellettuale italiano, fungendo da veri e propri motori per l’evoluzione del pensiero scientifico, artistico e letterario dal Rinascimento all’Illuminismo.
CENTRO INTERNAZIONALE DI STUDI “G. B. DELLA PORTA”
Con il patrocinio del Comune di Piano di Sorrento
PROGRAMMA
V Convegno Internazionale
Scienza, letteratura ed arti nelle Accademie italiane tra ’400 e ’700
16-18 ottobre 2025
Villa Fondi, Piano di Sorrento
Giovedì 16 ottobre ore 10.00 Saluto delle autorità
ore 10.30 sessione I (mattutina), modera Éva Vigh
Michele Rak (Università di Siena), La scienza civile nel Palazzo ispanico. L’albero del sapere alla fine di Napoli barocca.
Lorenza Gianfrancesco (Chichester University), Spazi urbani, identità civica e potere: le accademie a Napoli nel primo Seicento.
Alfonso Paolella (Centro studi G.B. della Porta) Della Porta e l’Accademia degli Investiganti nel segno della continuità.
Carlo Avilio (Coventry University), Per evidenza: i cinque sensi tra scienza e arte tra l’Accademia dei Lincei, Galilei e Jusepe de Ribera.
Discussione
Ore 13.00, pausa pranzo
ore 16.00 Sessione II (pomeridiana), modera Luca Vaccaro
Aurelio Musi (Università degli Studi di Salerno), Scienza, letteratura, politica nell’Accademia napoletana degli Oziosi (1611-1647)
Stefania Buosi-Moucunill (Sciència. cat/Università di Barcellona), Il Drago e la Rosa: tra Umanesimo
Aragonese e Rinascimento Napoletano nell’Accademia dei Segreti della Natura (da remoto)
Biagio Cipolletta (già docente nei Licei), L’Accademia delle Assicurate di Siena (1654-1715).
Gianni Antonio Palumbo (Università di Foggia), Tra Roma e la Polonia: Callimaco Esperiente accademico e poeta
Discussione
Venerdì 17 ottobre 2025
ore 9.30 Sessione I (mattutina) modera Gianni Antonio Palumbo
Luca Calenne (Archivio storico diocesano “Innocenzo III” di Segni), La Congregazione del Cahuè del
marchese Pietro della Valle
Francesco Tateo (Università “Aldo Moro”, Bari), Uno sguardo sulle accademie umanistiche (da remoto)
Cecilia Campa (Conservatorio Santa Cecilia, Roma) Eredità vitruviane: ‘icnologia’ e ichnographia nelle
accademie romane della prima metà del Cinquecento e l’asse con la Francia
Luca Vaccaro (Università “Alma Mater”, Bologna), Il programma culturale di A. F. Marsili. Dalla riforma
delle scienze ai temi di una moderna storiografia ecclesiastica
Discussione
ore 13.00, pausa pranzo.
Ore 15.30 Visita al Museo “George Vallet” di Villa Fondi guidata dal giornalista dott. Lucio
Esposito.
ore 16.30 sessione II (pomeridiana), modera Alfonso Paolella
Éva Vigh (Università di Szeged, Ungheria), Agostino Mascardi e una disputa accademica sulla corte del primo
Seicento
Marco Guardo (Biblioteca dell’Accademia Nazionale dei Lincei e Corsiniana), I Lincei nell’anno del Giubileo
del 1625
Monica Pavesio (Università di Torino), Il ruolo delle Accademie nella prima ricezione italiana del teatro francese
secentesco
Andrea Campana (Università “Alma Mater”, Bologna), La gestazione del concetto di “viaggio scientifico” nella
Bologna del primo Settecento, fra Accademia degli Inquieti e Accademia delle Scienze dell’Istituto
Discussione
Sabato 18 ottobre 2025
ore 9.30 sessione finale, modera Francesco Cotticelli
Lara Michelacci (Università “Alma Mater”, Bologna), Elisabetta Sirani “professore” dell’Accademia di San
Luca in Roma e la sua “Nota delle pitture fatte da me”»
Oreste Trabucco (Università degli Studi di Bergamo), La storia delle accademie italiane nelle “Schede” di Martin
Fogel
Leonardo Quaquarelli (Università “Alma Mater”, Bologna), La seconda stagione dell’Accademia bolognese
dei Gelati: il principato di Valerio Zani (1670)
Discussione finale.
Comitato scientifico: Massimo Ciavolella UCLA (Los Angeles), Francesco Cotticelli (Università “Federico II”
Napoli), Alfonso Paolella (Centro Studi “G.B. della Porta”), Francesco Tateo (Università “Aldo Moro”, Bari), Luca
Vaccaro (Università “Alma Mater”, Bologna), Éva Vígh (Università di Szeged, Ungheria), Giovanna Zaganelli
(Università per Stranieri, Perugia)
Un Appuntamento Imperdibile
Il Centro “G. B. Della Porta” continua così la sua missione di promozione della ricerca storico-scientifica, offrendo al pubblico un’opportunità unica per comprendere a fondo le radici della cultura moderna.
L’evento è aperto a studenti, ricercatori e a tutti gli appassionati di storia del sapere.
La redazione cultura di Positanonews offre il suo contributo al convegno riportando articoli e stralci di letteratura locale relativa alle Accademie sorrentine
L’Università di Sorrento Nata da un Sorso di Vino: La Nobile Storia della Famiglia Mastrogiudice e dell’Accademia dei Risvegliati
Sorrento, 26 settembre 2025 – La storia dell’istruzione pubblica a Sorrento affonda le sue radici in un atto di straordinaria lungimiranza risalente al lontano 1537. Non furono fondi reali o disposizioni ecclesiastiche, ma i proventi di una umile Tassa sul Vino a dare il via alla prima vera e propria scuola pubblica della città, grazie alla visione e alla generosità dei fratelli Marino e Marco Mastrogiudice.
Dal Vino all’Università (1537)
Decisi a debellare l’ignoranza e l’ozio, i Mastrogiudice destinarono le rendite della tassa per istituire quella che fu chiamata “UNIVERSITÀ”. La sede prescelta? Le loro stesse case ai civici 22-26 dell’attuale Via Padre Reginaldo Giuliani.
L’obiettivo iniziale era preciso: impartire gli studi umanistici e il canto gregoriano “ai clerici ed ai fanciulli della Città”. Ma la loro dedizione non si fermò all’insegnamento: i Mastrogiudice vollero anche garantire un futuro ai più meritevoli, istituendo agevolazioni e borse di studio per gli studenti che si distinguevano. Un modello educativo che, per l’epoca, era all’avanguardia.
L’Età d’Oro dell’Accademia dei Ripercossi (1667)
Col passare dei decenni, l’istituzione dei Mastrogiudice crebbe in prestigio e nel 1667 compì un salto di qualità, trasformandosi in ACCADEMIA. Con il nome di Accademia dei Ripercossi, essa divenne un faro culturale che attirava studiosi di alto lignaggio da tutto il Regno.
Il piano di studi si ampliò notevolmente, abbracciando materie fondamentali per l’élite intellettuale del tempo: Archeologia, Poesia, Letteratura, Filosofia e Retorica. A testimonianza di questa fervente attività intellettuale resta la raccolta di Giuseppe Domenichi, detto IL FURIBONDO, intitolata: “CASTALIE STILLULE TRECENTAE QUAE PRIMUM RIVOLUM PERMISSI CONFICIUT.”
I “Risvegliati” Contro l’Oziosità (1715)
Dopo un interregno in cui l’Accademia fu nota come “dei Rilassati”, nel 1715 venne ribattezzata in modo più energico: Accademia dei Risvegliati. Sotto la protezione dei santi Antonino e Gaetano, l’Accademia fissò la sua nuova entrata principale in un luogo che, da quel momento, assunse un nuovo nome: il Vicolo 1° Tasso divenne la “VIA DELL’ACCADEMIA“.
A rendere unica la Accademia dei Risvegliati era l’uso di curiosi soprannomi d’arte per i suoi membri di spicco: G.B. Correale era l’Immortale, Antonino Falangola il Capriccioso, Riccardo Nobilione l’Ascosso, Pietro Sersale l’Anelante, e Onofrio Spasiano il Raffinato.
Le loro “tornate” accademiche non erano affatto riunioni formali e soporifere. In versi e in prosa, si intessevano vibranti apologie della pace e della guerra, della virtù e delle ricchezze. Si dibatteva senza timore di leggi, religione, politica, e persino dei Principi d’Austria e dell’Arcivescovo.
Ma l’obiettivo più sentito, il vero nemico comune, era espresso in modo esplicito e veemente: muovere guerra «all’otio che regnava in Sorrento e con dente edace divorava le genti!».
L’epopea dei Mastrogiudice, dei Ripercossi e dei Risvegliati non è solo una pagina di storia sorrentina, ma l’esempio lampante di come l’impegno civile e la passione per il sapere possano, anche partendo da una tassa sul vino, fondare una tradizione culturale duratura.
Tratto dalla terra delle sirene 1991
L’ACCADEMIA SORRENTINA DEI RISVEGLIATI
E I SUOI LAVORI
di Antonella Russo
Nella pregevole raccolta di scritti dal ‘500 al ‘700, riguardanti Sor
rento, pazientemente ordinata da Manfredi Fasulo, un posto di rilievo
spetta al manoscritto che riporta i lavori di un’Accademia di nobili, i
Risvegliati di Sorrento.
1
L’Accademia, sorta grazie alla protezione dei
Padri Teatini, durò poco meno di due anni (dal 1715 al 1717); ma, per
apprendere appieno i motivi, i personaggi, le finalità che si propose di
raggiungere, le stesse modalità di funzionamento e di espressione, è in
dispensabile non solo riassumerne le Virtuose Compositioni (cosa che,
d’altra parte, il Fasulo già fce in tre occasioni,
2
ma anche inserirle nel
variegato panorama culturale napoletano tra ‘600 e ‘700.
Nel dibattito culturale che, nel Regno di Napoli, si aprì al termine
dell’età barocca, un posto di rilievo è occupato dalle Accademie, sorte
numerosissime fin dal XVI secolo. Esse raccolsero gli uomini d’inge-
* Si ringrazia cordialmente il Prof. Francesco Paolo De Martino per l’attenta collabo
razione nell’allestimento e nella stampa del presente articolo.
I Il manoscritto è stato consultato presso la Soprintendenza Archivistica per la Campa
nia con la segnatura c. n
°
21/c, fase. n
°
6, 82/6. Esso porta il titolo «Compositioni Acca
demiche de’ Nobili Signori Risvegliati di Surrento, 1715» – per un errore di scrittura
manca una lettera i alla parola Risvegliati -, è in ottavo regolare, tranne il primo fascico
lo, che consta di undici pagine, ed il penultimo, cui ne mancano tre. Ogni pagina misura
290×230 mm. Legatura originale in pelle, restaurata in tempi posteriori, rinforzata con
cartoncino e servendosi dei tre fogli bianchi che risultano strappati nel testo. Il copista
numerò 245 pagine, in cifre arabe, soltanto nell’angolo superiore destro di ogni pagina de
stra, per cui la pagina stessa comprende un recto ed un verso. Delle 245 pagine numerate,
soltanto I 31 facciate sono scritte. Risultano venti fogli bianchi intermedi. Le pagine da
126 a 135 avrebbero dovuto includere un componimento che poi non fu trascritto. Il co
pista sbagliò talvolta la numerazione. Ogni facciata ha diciotto righe.
2 Vedasi ad es. M. FASULO, Sorrento nel ‘700 (Tip. D’Onofrio, S. Agnello 1916),
- 16-18.
56 ANTONELLA RUSSO
gno, dotti in ogni campo dello scibile, e tutti i fermenti della cultura
vecchia e di quella nuova. Tra le più originali e aperte ad un discorso
scientifico moderno, l’Accademia degli Investiganti; essa fu fondata da
Tommaso Cornelio, che da Leonardo di Capua ebbe l’incarico di viag
giare oltre i confini del Regno di Napoli per portare tutti i libri recenti
di filosofia medicina e matematica. Il Cornelio ritornò con libri di Ba
cone, Gassendi, Hobbes, Cartesio, Galilei. L’Accademia pertanto si alli
neò su posizioni razionalistiche, proponendosi di indagare su questioni
inerenti le scienze umane e naturali con l’ausilio della ragione, in aper
ta ostilità all’empirismo di tipo classificatorio ed all’autorità aristotelica
pedissequamente e tradizionalmente accettata. Tra i principali accademi
ci Investiganti dobbiamo citare Francesco D’Andrea, illustre giurecon
sulto, e Leonardo di Capua, che, in aperta opposizione al Barocco,
teorizzava il ritorno alla lingua del Trecento ed allo stile del Petrarca,
semplice, efficace, elegante, preciso.
Le idee propugnate dagli Investiganti trovarono feroci opposizioni
nella cultura, per più versi arretrata, del Regno di Napoli; e così per
controbattere gli Investiganti fu fondata un’Accademia dei Discordanti.
Ricordiamo, tra le voci dissonanti, quella degli accademici Agitati che
discutevano di questioni artificiose e senza alcun raccordo con una di
sposizione scientifica sperimentale, e l’Accademia barocca dei Rozzi.
Nel 1662 nacque l’Accademia degli Infuriati, che ebbe come suoi
maggiori rappresentanti Francesco del Giudice e Gregorio Caloprese. A
quest’ultimo si deve una poetica nuova (per quei tempi) ed originale. Il
Caloprese sosteneva l’importanza della creatività e della fantasia poeti
ca, la quale però deve avere per oggetto la realtà delle cose visibili.
Il movimento poetico antibarocco che passò attraverso gli Infuriati
culminò poi nella Raccolta di rime di poeti napoletani stampata nel
1702, in cui sono evidenti alcuni temi stilistici propri dell’Arcadia.
Questa importante Accademia, sorta nel 1690 a Roma, accolse uo
mini di cultura, scienziati, storici, filosofi, medici, tutti impegnati in un
chiaro programma di rinnovamento letterario che sostituisse la semplici
tà e l’ordine all’artificiosità barocca. Gli Arcadi sostituirono al Barocco
la tradizione poetica classica, filtrata però attraverso il razionalismo e
L’ACCADEMIA SORRENTINA DEI RISVEGLIATI 57
la cultura d’oltralpe. Essi videro nei classici, non pedissequamente imi
tati, una lezione di stile, di misura, di decoro, in nome della poetica del
«buon gusto».
L’Arcadia si diffuse ben presto in tutta Italia, creando le sue «co
lonie». A Napoli la colonia arcadica si chiamò Sebezia e furono chia
mati a dirigerla Biagio Maioli d’ Avitabile e Giovanni Bortone.
L’Arcadia napoletana ebbe degli esiti originali, laddove, abbandonata la
leggiadria pastorale e la tenuità stilistica, poetò con rime più aspre ri
facendosi al Dante della Vita nova e delle Rime petrose, filtrato però
attraverso la sensibilità naturalistica arcadica. Una importante raccolta
di versi, le Rime di vari illustri poeti napoletani, pubblicata nel 1723,
dà un’idea abbastanza completa del panorama poetico della Colonia Se
bezia.
Un posto particolare tra le Accademie napoletane merita l’Accade
mia Palatina, fondata da Don Luis de la Cerda, duca di Medinacoeli nel
1698, presieduta per molti anni da Nicola Caravita dei duchi di Torrit
to, uomo di studi e propugnatore della lingua e dello stile poetico to
scano e trecentista. L’Accademia accolse alcuni dei vecchi Investiganti
come il Valletta e il Messere e si occupò, oltre che di questioni lingui
stiche, anche di temi storici, scientifici, filosofici. Tutto ciò con l ‘ap
poggio delle autorità politiche. Non poteva essere altrimenti, se si
considera che in campo politico generalmente i Palatini furono regalisti,
difensori del potere statale contro l’ingerenza curiale, anche se in tempi
posteriori non mancò qualche posizione alternativa.
Tutto quanto sin qui esposto evidenzia solo in parte il panorama
accademico del Regno di Napoli, dove, per tre secoli, fiorirono decine
e decine di Accademie. Non tutte ebbero lo stesso peso culturale; di pa
recchie è rimasto solo il nome, il motto e, in qualche caso fortunato,
qualche componimento riportato in testi coevi. Un vero peccato, perché
anche le Accademie più piccole ed insignificanti ebbero un loro motivo
di interesse, dimostrando la capacità di penetrazione culturale e di omo
logazione del sapere accademico. È anche interessante studiarle nei loro
rapporti di imitazione di più importanti esperienze accademiche. È que
sto il caso dell’Accademia dei Risvegliati, sorta nel 1715, durante il pe-
58 ANTONELLA RUSSO
riodo del viceregno austriaco e delle lotte tra potenze cristiane e impero
ottomano. L’Accademia dei Risvegliati fu la dimostrazione di quanto
potesse essere sentito il bisogno di «fare» accademia anche in un pic
colo centro piuttosto chiuso a nuove istanze intellettuali. La cosa più
importante è che della nostra Accademia rimangono parecchie «compo
sizioni», dalle quali possiamo farci un’idea dei contenuti, delle modalità
espressive, delle motivazioni palesi o meno, comuni sia alla nostra che
ad altre Accademie che furono oggetto di imitazione.
I Risvegliati interpretarono il desiderio, molto comune all’epoca, di
istruire ed educare loro stessi ed il loro uditorio, diffondendo l’interesse
per la cultura nelle menti dei giovani Sorrentini. Lodevole intento, ho
detto, ed assai diffuso, a dire del Gimma:
3
«Si veggono queste [Acca
demie] introdotte per il solo esercizio dell’eloquenza e della poesia. Co
minciò l’uso di discorrere con problemi da potersi sciogliere co’ i
discorsi di due, o di molti… lo propagò il celebre Giovan Battista Lo
redano» (conosciuto certo dai nostri accademici: v. p. 28 recto, I
°
di
scorso del Sersale), «di cui si leggono gli Eruditi problemi Accademici,
e non è stato spregevole questo uso, perché molto giova ad assottigliare
gli ingegni, sopra tutto ciò, che riguarda le belle lettere, e spronare la
gioventù a questo studio ed a dare un lodevole divertimento erudito».
Gli Accademici trovarono efficaci protettori e promotori nell’influente
ordine dei Chierici Regolari minori, che reggevano la chiesa di S. An
tonino, e, come la maggior parte delle piccole accademie, le «adunan
ze» dovettero aver luogo nella chiesa o nel convento annesso.
E, d’altra parte, il clero (mancando una classe media motivata) e
solo il clero poteva farsi promotore di un’iniziativa educante, tesa a
scacciare l’ozio e l’ignoranza dai giovani cuori sorrentini, ed a perse
guire la conoscenza e la virtù. Questo desiderio motiva la scelta del
motto accademico Sopitos ignes e dell ‘«Impresa», ossia una fiamma
riaccesa a simboleggiare la Virtù risvegliata. Altre motivazioni che
spinsero gli accademici sorrentini a riunirsi furono, senza dubbio, l’or
goglio personale e il desiderio di incidere sul pubblico assistente alle
3 Idea della storia dell’Italia letterata, ed. Mosca, Napoli 1723, p. 472.
L’ACCADEMIA SORRENTINA DEI RISVEGLIATI 59
tornate e, cosa più importante, il desiderio di rinnovare i fasti dell’«an
tica accademia», come dice il Correale nel discorso introduttivo alla
prima tornata. Cito la frase: «Felicissima nuova, o Eruditi. Il sovrano
dispositore si è degnato di risvegliare dal lungo letargo, e di far risor
gere in questa Patria l’antica accademia à guisa di una Fenice» (p. 6
r.). L’Accademia di cui si parla è quella, sorrentina anch’essa, dei Ri
percossi, della quale si conosce soltanto che fioriva a Sorrento nel 1667
nella scuola fondata secoli prima dalla famiglia Mastrogiudice, e che
coltivava la poesia, la filosofia e l’archeologia. «Ebbe una certa riso
nanza», ci informa il Minieri Riccio,
4
«se alcune questioni dibattute in
quest’Accademia vennero poste a stampa nel 1666 alle pagine 307-31O
in un libro dal titolo Castaliae stillulae trecentae quae quintum rivulum
permessi conciunt, hoc est epigrammaton liber quintus». L’autore fu
un tale Giuseppe Domenichi Fapane da Copertino, Accademico Riper
cosso col nome di Furibondo. Ma, in verità, nel secolo XVII pare fosse
attiva a Sorrento un’altra Accademia detta degli Spensierati; il Maylan
der,5 infatti, a p. 170 dell’opera le glorie degli Incogniti o vero gli
Huomini illustri dell’Accademia de’ Signori Incogniti di Venetia (1647),
legge, tra i vari titoli accademici attribuiti a Gabriele Foschi anconeta
no, quello di «Spensierato di Surento». «Parrebbe dunque», conclude il
Maylander, «che gli Spensierati siano sorti prima dei sorrentini Riper
cossi a meno che il Foschi non abbia fa quest’ultimi portato il nome
di Spensierato».
Ma le tornate accademiche dovevano essere anche utili a quelli che
vi partecipavano. Così sempre il Correale, rivolto al pubblico, dice:
«Questa accademia… sarà come di virtuoso esercizio al vostro spirito;
così di eccitamento a quello degli altri…» (Prima tornata, 17 febbraio
1716, p. 9 r.).
Nella seconda tornata (27 agosto 1716) emergono poi altre motiva
zioni palesi, quali l’esaltazione della Casa d’Austria e la celebrazione
4 C. MINIERI RICCIO, Notizie delle Accademie istituite nelle Province Napoletane, in
«Arch. Stor. delle Prov. Nap.», a. III, fase. II, p. 310.
5 M. MAYLANDER, Storia delle Accademie d’Italia (Bologna 1926-1930), voi. V, pp.
243-244.
60 ANTONELLA RUSSO
del neonato Arciduca Leopoldo. Cito un passo del discorso del Nobilio
ne: «Con l’aggiuto quindi de’ nostri protettori encomiarem Leopoldo, e
già che le sue glorie si son esaltate e con fochi, e con clamori d’un
gran viva, noi quest’oggi loderem di esso future le vittorie» (p. 89 v.).
Evidentemente gli Accademici ritengono che lo scopo di risvegliare in
petto ai cittadini le virtù sia stato pienamente raggiunto.
L’argomento proposto nella seconda tornata (se chiedere a Dio anni
di pace o di guerra per l’imperatore futuro) nacque dalla situazione po
litica del tempo, che vedeva opporsi la casa d’Austria e le potenze cri
stiane allo strapotere turco. E proprio tra il 1716 e il 1718 l’imperatore
d’Austria si impegnò nella guerra contro i Turchi, concesse donativi ai
nobili in cambio di denaro e migliorò i suoi, prima non facili, rapporti
con la curia e il Papa. Gli Accademici videro in Leopoldo il novello
Goffredo di Buglione, difensore contro gli Ottomani, ma il novello Gof
fredo morì pochi mesi dopo.
Pertanto l’intenzione che pervade di sé la terza e ultima tornata (4
aprile 1717) ha qualcosa di escatologico: «Se il Signor Iddio abbia mo
strato al mondo più la sua providenza nel dare alla Casa d’Austria il
primogenito Principe doppo tanti sospiri, e premure, o pure nel levarlo
dal mondo doppo tante allegrezze» (discorso di Pietro Sersale, p. 168).
Purtroppo, alla metà del secondo discorso, la trascrizione delle «Com
positioni» si frmò.
Nel manoscritto sono presenti, oltre alle composizioni in prosa, an
che molti componimenti poetici in vario metro e di argomento vario.
Tra di essi, due «Poemi Heroici» in ottave tassiane, che hanno come ar
gomenti gli stessi trattati nelle prime due torate, un’ «Ode» in favore
della Virtù e delle ricchezze, diversi inviti del Cancelliere agli Accade
mici, una «Prosopopea» di stile alquanto barocco, celebrativa di Leopol
do d’Austria, quattro «Arie» cantate ed altri ancora.
Non mancano poesie, in italiano e in latino, celebrative di perso
naggi illustri del clero, dell’Ordine Teatino, dei Santi Protettori, del
!’Arcivescovo Filippo Anastasio, di Leopoldo d’Austria (naturalmente),
della Pace, della Città di Sorrento etc. I componimenti poetici encomia
stici mancano del tutto nella terza tornata. Diamo qui di seguito qual-
L’ACCADEMIA SORRENTINA DEI RISVEGLIATI 61
che compos1z10ne degli accademici.
Abbiamo visto che l’Accademia dei Risvegliati ebbe per «impresa»
una fiamma accesa col motto Sopitos ignes; ecco un’ode sulla «origine,
e spiegation dell’Impresa, recitata dal Nobile Sig.r Auxiliario, Il Sig.r
- Alesandro Guardati» (prima giornata):
Moria sepolta in neghittoso oblio
quest’illustre cittade,
perché non più il desio
delle scienze nutria la fesca etade,
come intraviene al foco,
che negletto si estingue a poco a poco.
Quando Gaetan col Protettor fedele
videro ormai sì amico
regnar l’otio crudele,
tosto pensaro a ravvivar l’antico
ardore delle Virtù
et a studij infiammar la gioventù.
L’uno per tanto il pronto braccio offerse
quelle fiamme a raccorre,
che sopite e disperse
in più cuori giacean et a disporre
in seno a’ giovanetti
un incendio che avvampi i loro petti.
L’altro col fiato il concepito ardore
cominciò ad eccitare,
e perché ancor maggiore
cresca in essi il frvor, siegue a spirare
con vigoroso impegno,
sicché più non marcisca il loro ingegno.
Così solo del Ciel nasce tra noi
figlia questa alleanza,
che de’ vetusti Heroi
emula i passi, e a meritar si avanza
62 ANTONELLA RUSSO
quegl’allori gloriosi,
che immortalano il crin solo a’ Virtuosi.
Spiega perciò per sua studiosa insegna
una fiamma riaccesa,
per additar che regna,
nel petto suo quella, che il Ciel vi ha accesa,
Virtù, perciò chiamati
gl’Accademici sono i Risvegliati.
«In lode alla Nobilissima Accademia de’ Signori Risvegliati Sonet
to Recitato dal nobile Sig.r Ausiliario Il Sig.r D. Fabritio Romano»
(prima giornata):
Questi lidi natij, che furo un giorno
le delitie d’Europa e de’ gl’Augusti,
ricchi di glorie e di trionfi onusti,
flici amenitadi, aureo soggiorno.
Questi son, che brillar veggonsi intorno
il bel seren de’ gl’anni lor vetusti,
poiché alle Virtù rendonsi i giusti
honori ormai, che fanno a noi ritorno.
Illustre gioventù, da cui rimesse
vengon le scienze in così fresca etade,
quando in otio crudel giacean oppresse.
O quanto deve a voi di sua beltade
questa Patria, che aspetta in ricca messe
doppo Aprile sì bello anche l’estate.
«Per la nascita del Serenis.mo Arciduca d’Austria Cantata del Sig.r
- Gaetano Dati» (seconda giornata):
L’ACCADEMIA SORRENTINA DEI RISVEGLIATI 63
Ree. Festeggiate, gioite
sirene addormentate
nato è il germano Sol, sù via destate
gl’ingegni a celebrar l’alto natale
dell’Austria Bambin che Alcide in culla
strozza il serpente Trace
e la Luna Ottomana a’ pie’ gli giace.
Aria Risvegliatevi, o Sirene,
se il timor sepolto è già,
spira il Ciel felicità.
La Luna eclissata
nell’ungara riva
la speme ravviva,
e tutt’oscurata
con barbare pene
nel Mondo sarà.
Ree. Già di Lamagna il Cielo
su le piante Bambine erge l’Impero,
la grandezza gli è cuna,
gli dan Latte le Gratie e la fortuna.
Ma che d’Austria l’Atlante
sopra il tenero dorso
sostien l’Orbe stellante,
e pur sul grave pondo
dell’un e l’altro Mondo,
par che dormir ei voglia;
or via già che s’assonna
Amor, tocca a te sol cantar la nonna.
Aria Amorini vezzosetti
lenti, lenti e placidetti
voi la cuna gli agitate.
64 ANTONELLA RUSSO
Cara g10ia d’ogni core,
Ninno bello, Amor d’Amore
gl’occhi al sonno lusinghate.
I molti altri componimenti poetici del manoscritto non sono di cer
to migliori di quelli qui trascritti a titolo di esempio.
È perciò preferibile passare, senza troppi rimpianti, ai personaggi che dettero origine
ali’Accademia dei Risvegliati. Essi erano tutti, per dirla col Quondam,
«tralci di nobilissime famiglie», appartenenti ai seggi sorrentini di Porta
e Dominova.
È da notare come le famiglie appartenenti ai due seggi
fossero spesso rivali tra di loro, ed è certo merito dei Teatini se gli Ac
cademici si riunirono per raggiungere una finalità comune. Aggiungia
mo solo, per inciso, che i buoni Padri si diedero veramente da fare per
la cultura, raccogliendo numerosi testi e dando alle stampe scritti pre
ziosi. Certo, a questo interesse per la cultura non furono estranei né il
desiderio di avere prestigio, lustro e risonanza in cambio dell’«investi
mento» accademico, né il fatto che molte famiglie sorrentine annoveras
sero Teatini tra i loro membri.
Gli Accademici che ebbero un proprio titolo e una propria impresa
furono soltanto sei, ossia: G. Battista Correale = l’Immortale; Riccardo
No bilione = l’Ascoso; Antonino Falangola = il Capriccioso; Onofrio
Spasiano = il Raffinato; Pietro Sersale = l’Anelante; Onofio Sersale =
lo Strepitoso. Come si vede, i titoli derivano tutti da attributi del fuoco.
Facevano corona a questi illustri Accademici gli «Ausiliari» Carlo e Ni
colò Falangola, Carlo, Antonino e Giuseppe Sersale, Ottavio Correale,
Giuseppe, Antonio, Fabrizio e Marino Romano, Alessandro Guardati,
Antonio Molignani e Aniello Nobilione. Gli Ausiliari avevano prevalen
temente il compito di recitare le «Composizioni», e talvolta le compo
nevano. All e tornat e assist evano i «Virtuosi» ch e cantavano e
recitavano delle «Arie». Di uno solo è rimasto il nome: Gaetano Dati
(autore del componimento a p. 146 v.).
Da ciò che traspare dalla lettura del manoscritto, i componenti
l’Accademia dovevano essere molto giovani, e ciò spiega la motivazio
ne educante ed autoeducante che li spinse a «fare» accademia. Cito un
L’ACCADEMIA SORRENTINA DEI RISVEGLIAT 65
solo passo per tutti: a p. 83 Antonio Molignani così recita: «O come
adunque è degna di tributi immortali questa di gioventù corona illu
stre!».
Gli Accademici col titolo, l’impresa e il motto dovevano essere gli
«adulti», quindi i più istruiti e i migliori del loro corso di studi nella
retorica e nella poesia. Essi sceglievano tra di loro un «Principe» che
recitava il discorso introduttivo ai problemi delle tornate e quello con
clusivo ai due discorsi recitati. Gli Ausiliari e i Virtuosi dovevano es
sere giovanissimi, alcuni addirittura di età puerile: tutto ciò si evince
dalla lettura del testo, e dalla consultazione degli elenchi dei nobili am
messi al Sedile di Porta.
Il pubblico al quale si rivolgevano i nostri Accademici con tutta
probabilità era rappresentato da «dame e cavalieri» certamente nobili e
da personaggi influenti del clero; tra cui l’Arcivescovo di Sorrento Fi
lippo Anastasio, accademico Arcade, Palatino e Ozioso di Napoli, scrit
tore e poeta. Fu forse grazie a qualche suo suggerimento se nelle
tornate furono inserite «canzonette» e composizioni di vario metro e ri
ma all’uso arcadico e se i discorsi della seconda tornata hanno un mag
gior riferimento a fonti storiche?
Tra il pubblico che assisteva alle tornate dovette esserci anche un
Accademico Pigro di Capua, che fece recitare un suo sonetto: a questo
personaggio non sono riuscita, però, a dare un nome. Il testo manoscrit
to delle «Compositioni» accademiche fu senz’altro trascritto dopo che le
«compositioni» stesse furono recitate. Il copista, però, dopo 182 pagine
si interruppe. Parlo di un solo copista perché il testo non presenta va
riazioni grafologiche; probabilmente le «compositioni» furono trascritte
da Antonino Falangola, Cancelliere dell’Accademia, il quale continuò a
scrivere anche dopo la cessazione delle attività accademiche nel 1717.
Si potrebbero fare molte ipotesi per spiegare la breve vita della nostra
Accademia: sarà utile, però, più che trarre conclusioni, proporre alcune
riflessioni.
È chiaro che i nostri Accademici furono spinti da un forte entusia
smo e sorretti da una forte ambizione e considerazione di sé. Questo
spinse i giovani nobili Risvegliati a non essere da meno di fonte ad al-
66 ANTONELLA RUSSO
tre famiglie napoletane e a non rimanere indifferenti ad una moda così
difusa come quella delle Accademie, imitando altre consimili esperien
ze, forse più sul piano della forma e degli stereotipi che dei contenuti.
D’altra parte le più nobili famiglie sorrentine erano legate da rapporti
di amicizia e di parentela con la nobiltà del Regno di Napoli, la quale,
a sua volta, sovente prediligeva Sorrento come luogo di villeggiatura o
di rifugio (è quel che accadde nel 1707, con l’invasione tedesca nel Re
gno di Napoli).. All’ambizione dei nostri giovani accademici corrispose
una sufficiente, moderna, reale cultura? Difficile a dirsi. Consideriamo
che a Sorrento esisteva un’unica scuola fondata nel 1537 dalla famiglia
Mastrogiudice e che il corso di studi superiori allora in voga obbediva
prevalentemente a regole umanistiche, che escludevano ogni disciplina
scientifica non inquadrabile nella Scolastica: credo che tutto ciò non ba
stasse a sostenere un impeto rinnovativo tanto proclamato. E, nel mo
mento in cui i dotti napoletani conoscevano la filosofia di Cartesio e di
Gassendi, l’Arcadia pubblicava la prima raccolta di composizioni e G.
- Vico dava, nell’Accademia Palatina, i primi saggi del suo ingegno,
i nostri giovani accademici dimostrano di conoscere a sufficienza i soli
Aristotele, chiamato il «principe dei filosofi», Platone, Seneca, Isocrate,
Filone Ebreo, Pitagora, Euclide, la vita di Cleante e Crisippo, Pitagora
e i Padri della Chiesa in genere. Ci sono parecchie citazioni in latino
di filosofi greci; segno che i nobili non attingevano direttamente a testi
in lingua greca. Tutti gli Accademici dimostrano di conoscere bene la
storia antica e la mitologia. Come maestri di retorica citano Demostene
e Cicerone e si rifanno talvolta ali’Alciato e al Loredano (a lui il Gim
ma attribuì il merito di aver propagato la moda accademica di discutere
su un unico quesito).
Niente di innovativo, quindi, ma niente si sarebbe potuto pretende
re di più. Anzi, alcuni componimenti sono davvero degni di nota, con
siderando la giovane età degli Accademici.
La breve vita dell’Accademia ci dimostra che in loro la forza del-
1’imitazione fu più forte di quella dell’ispirazione.
Ci manca però la possibilità di sapere quale riscontro avessero tro
vato presso gli uditori le «Compositioni» accademiche, cioè se, nelle
La pagina iniziale del manoscritto dei Risvegliati.
68 ANTONELLA RUSSO
virtuose adunanze, si fosse esaurita prima la motivazione interiore dei
Risvegliati o la pazienza degli ascoltatori!
I Risvegliati non rappresentano, però, l’ultima esperienza accademi
ca sorrentina: infatti, nel corso della sua S. Visita, l’Arcivescovo Ludo
vico Agnello Anastasio ispezionò nel 1749 il Ginnasio Sorrentino, già
scuola dei Mastrogiudice, e qui vi f u «una nobile accademia» – detta
degli Addormentati secondo il Fasulo – nella quale si recitarono molti
versi in onore dell’Arcivescovo e del Pontefice Benedetto XIII. I fogli
con i componimenti recitati per l’occasione sono ancora annessi alle
carte della S. Visita.
Intorno al 1785 probabilmente era ancora attiva a Sorrento una Ac
cademia di Nobili, della quale, tra le carte Fasulo, fanno fede tre rice
vute a favore di tale Accademia (una di queste a· firma di «Pasquale
Falangola, Cassiere dell’Accademia Nobile di Sorrento»). E a chi, infi
ne, volesse interessarsi ancora all’argomento, ricordo che l’Arcivescovo
Giuseppe Giustiniani fu promotore di un’Accademia di Sacra Eloquenza
nel Seminario di Sorrento
————————————————–
L’Accademia dei “Risvegliati”: Un Ritratto dell’Élite Sorrentina del Settecento
Il panorama culturale della Napoli aragonese e vicereale fu costellato da una fioritura di Accademie, circoli di dotti e letterati che, tra formalismo e fervore intellettuale, rappresentavano il cuore pulsante della vita erudita. Non fa eccezione la provincia, e il testo qui analizzato, che riporta la scoperta di un manoscritto inedito, getta luce su una delle più fugaci e sconosciute di queste istituzioni: l’Accademia dei Risvegliati di Sorrento, fiorita tra il 1715 e il 1717. Questa breve ma intensa esperienza offre uno spaccato prezioso sull’élite patrizia sorrentina agli albori del Settecento.
Nascita e Struttura dell’Accademia
A differenza della più nota Accademia dei “Ripercossi” del secolo precedente, menzionata dal Minieri-Riccio, l’Accademia dei Risvegliati emerge come una realtà istituitasi nel 1715 sotto la guida e l’indirizzo dei Padri Teatini. L’associazione si diede un titolo programmatico, i “Risvegliati”, e un emblema eloquente: una fiamma riaccesa con il motto latino Sopitos igne (letteralmente: “svegliati/riscaldati con il fuoco”). Questo simboleggiava la missione di combattere l’ignoranza e l’ozio che, come recita un prologo, divoravano la città con “dente edace”.
L’organizzazione era tipica delle Accademie:
- Un Principe (o Presidente), come Don Gio. Battista Correale (“l’immortale”) per la prima seduta.
- Un Cancelliere, ruolo ricoperto da Don Antonino Falangola (“il capriccioso”), incaricato di trascrivere le “compositioni” nel manoscritto.
- Soci ordinari, distinti da un nome accademico che rifletteva un tratto caratteriale o un’aspirazione (e.g., “l’ascoso,” “l’anelante,” “lo strepitoso”).
- Ausiliari e Virtuosi, questi ultimi gli assistenti alle tornate, tutti appartenenti all’illustre patriziato sorrentino.
La scelta dei protettori, San Gaetano (fondatore dei Teatini) e Sant’Antonino (patrono di Sorrento), ne sottolinea l’identità devota e localmente radicata, con la prima “rappresentatione” tenutasi non a caso nella chiesa di S. Antonino il 17 febbraio 1716.
Esercizi Accademici e Contrasti Ideologici
Le tornate accademiche erano un’esibizione di ingegno e virtuosismo, caratterizzate da una produzione letteraria copiosa, in linea con i canoni del tempo. La prima seduta vide ben ventotto “compositioni” tra prosa e rima, latino e italiano. Tali lavori spaziavano dal solenne all’encomiastico.
Tra Poesia e Pragmatismo
Un elemento distintivo emerge nel dibattito sollevato dal Principe Correale, che proponeva di scegliere tra la sapienza e la fortuna da chiedere ai santi protettori.
- Il Cancelliere Falangola e altri soci si dedicarono a un fervente esercizio letterario, culminato nel suo “Poema heroico” in ottava rima, un’evidente ma modesta imitazione della Gerusalemme Liberata di Tasso, concittadino illustre. La poesia celebrava il risveglio degli studi e la virtù.
- Un’interessante dissonanza è rappresentata da Pietro Sersale (“l’anelante”), che in prosa si discostò dall’idealismo dei compagni. Egli elogiò le ricchezze, citando Aristotele e i Padri della Chiesa, concludendo che la fortuna fosse più necessaria delle lettere. Questo scontro tra la nobiltà d’intenti intellettuali (virtù e sapienza) e la realtà più pragmatica e venale (ricchezza e fortuna) riflette le tensioni della classe dirigente dell’epoca.
Le “compositioni” erano dominate dal tono encomiastico: lodi sperticate a Sorrento, ai protettori, ai Teatini, e persino a figure politiche controverse come l’arcivescovo Filippo Anastasio. Il culmine della seconda tornata vide canti e inni in onore della nascita del primogenito di Carlo VI d’Asburgo, imperatore e allora sovrano del Regno di Napoli.
La Rapida Eclissi dei “Risvegliati”
Nonostante l’iniziale fervore e la partecipazione di una gioventù patrizia desiderosa di “far guerra all’ignoranza,” l’Accademia dei Risvegliati ebbe vita brevissima.
La terza e ultima seduta, tenuta il 4 aprile 1717, segna l’inizio della “rapidissima discesa” dell’Accademia. Il quesito proposto dal Principe Sersale, “Se Iddio abbia mostrato al mondo più la sua provvidenza nel dare alla serenissima casa d’Austria il primogenito principe… o pure nel levarlo dal mondo dopo tante allegrezze,” è un indizio del mutato contesto storico (la morte del principino) e forse anche di un’aria di disillusione.
L’interruzione improvvisa del discorso di Riccardo Nobilione nel manoscritto, nel mezzo della discussione su un tema così grave, porta l’autore della fonte a suggerire ironicamente che oratore, ascoltanti e cancelliere fossero caduti in un “profondo sonno” dal quale, nonostante il loro nome, non si risvegliarono mai più. Questo finale, intriso di umorismo malinconico, sigilla il destino di un’Accademia la cui ambizione di risvegliare gli studi sorrentini si scontrò con l’effimera natura di molti circoli settecenteschi, forse sopraffatti dalla stessa inerzia e dall’ozio che intendevano combattere.
In conclusione, l’Accademia dei Risvegliati, con la sua eterogeneità di generi letterari, il formalismo dei ruoli e le sottili contraddizioni ideologiche, rappresenta un micro-cosmo della vita intellettuale e sociale del patriziato meridionale del primo Settecento, un’istituzione che, sebbene ignota e di breve durata, arricchisce la storia culturale di Sorrento.
da Napoli Nobilissima
UN’IGNOTA ACCADEMIA SORRENTINA DEI. SECOLO XVIII
Il Minieri-Riccio, nelle Notizie delle Accademie nelle
province napoletane, parlando di Sorrento, fa menzione soltanto
dell’Accademia di belle lettere e filosofia, detta dei 1
a Ripercossi », istituita a principio del secolo XVII, ed
ancora in fiore nel 1667, come si desume dalle opere di
Giuseppe Domenichi Fapanc da Copcrtino (che, sotto il
nome di « Furibondo », ne era socio), stampate appunto
in quell’anno, a Firenze. Ma nè il Minieri-Riccio, nè altri,
a quanto io sappia, accennano ad una seconda Accademia,
sorta a Sorrento al cominciare del secolo seguente; la
quale diede anche il nome di « Vico Accademia » al presente
« Vico I Tasso ». Di essa si hanno notizie, anzi i
lavori, ahimè troppo brevi, da un volume ms., da me rinvenuto
e posseduto.
Questo ms., del formato di un in-8 regolare, e legato
in pelle, consta di 245 pagine numerate, delle quali, però,
solo 162 sono scritte, e non senza intervalli. Sulla prima
si legge:
Compositioni | Accademiche I de’ Nobili Signori ! Risveglimi
I di Surrento.
La seconda contiene questa notizia:
Initium a Domino.
Instituitasi con l’indirizzo dei RR. Padri Teatini la nobile
Accademia dei signori Risvegliati nel cader dell’anno r 7
1 5, si
stabili di registrarne a parte quelle virtuose compositioni, che
dovevano recitarsi nelle loro comparse pubbliche con quell’ordine
che fossero da essi rappresentate, perchè rimanga in perj
petuo questa lodevole memoria de’ loro ingegnosi eserciti.
Per tanto, essendosi fatta la prima loro rappresentatione nella
chiesa di S. Antonino, uno de’ protettori della loro illustre intrapresa,
a di 17 febbraio dell’anno 1716, essendo principe il
nobile sig. d. Gio. Battista Corrcale, vi si recitarono le seguenti
compositioni, trascritte dal nobile sig. d. Antonino Falangola,
cancelliere dell’Accademia.
Ma, prima di far parola di tali « compositioni », panni
utile dare almeno i uomi dei soci che le recitavano, il più I
vecchio dei quali, forse, difficilmente superava il quinto lustro.
Di essi manca, nel ms., un elenco vero e proprio; ma |
son nominati tante volte, che non è stato difficile ricostruirlo.
Soci, per cosi dire, ordinari, erano: G. B. Correale, detto
« l’ immortale » ; Riccardo Nobilione, « l’ascoso » ; Pietro
Scrsalc, « l’anelante » ; Antonino Falangola, « il capriccioso
» ; Onofrio Scrsale, a lo strepitoso » ; Onofrio Spasiano,
o il raffinato » ; e, forse, qualche altro. Vcnivan
chiamati, poi, « ausiliari »: Carlo e Niccolò Falangola;
Carlo, Antonino e Giuseppe Sersale; Ottavio Corrcale;
Giuseppe-Antonio, Fabrizio e Marino Romano; Alessandro
Guardati, Antonio Molignani, Aniello Nobilione. etc.
Tutti, come si vede, appartenevano all’ illustre patriziato
sorrentino, del quale facevan pane, del pari, gli assistenti
alle tornate, decorati con l’appellativo di a virtuosi ».
Dunque, nella prima seduta, soci ordinari, « ausiliari »
e « virtuosi • cominciarono con dar saggio di molta buona
volontà e pazienza, poiché recitarono ed ascoltarono rispettivamente
ben ventotto « compositioni », di vario genere,
in prosa ed in rima, in latino ed in italiano, trascritte
nel ms. da p. 3 a 75.
Si cominciò con un prologo in versi, detto alternativamente
dai a nobili signori ausiliari » C. Sersale, O. Corrcale,
- A. Romano e C. Falangola.
Compagni, e chi saprebbe
Che far si voglia mai
Questa di gioventù vaga adunanza f
domanda il Sersale. Ed il Corrcale:
Amico, alla tua istanza.
Se lo sapessi, ornai
Pronto il labbro mio risponderebbe.
Ma ecco il Romano pronto ad esclamare:
Vel dirò io, signori.
Questa è un’aspra guerra
Che da noi discacciar vuol l’ignoranza;
ed il Falangola ad esultare, gridando:
O gloriosa alleanza.
Se estinguer puoi in terra
Questo crudo velen degli uman cuori!
Poi, ciascuno con tre versi, sempre cosi rispettosi verso
la prosodia, continuano a dire che l’ignoranza, purtroppo,
divorava in Sorrento « con dente edace » ogni spirito gentile
; disfaceva lo splendore « dell’antica aurea dimora dei
virtuosi », giungendo a fare « stragi si universali », da piangerle
fin « l’occhio puerile », poiché anche a l’età senile »,
ferita dai suoi strali, giaceva nei sepolcri. Perciò s’incitano
i « virtuosi » a cooperare al risveglio degli studi,
pugnando da font contro l’ignoranza, e procurando il
trionfo dei « Risvegliati ».
Una simile chiamata alle armi non poteva restare senza
effetto; ed, infetti, i « virtuosi », mossi da guerresco bol- 2 s NAPOLI NOBILISSIMA
lorc, ed animati da affetto per la prosodia, pari a quello
degli esortami, s’alzarono, ed, a coro, cominciarono a
cantare :
All’armi, all’armi, spiriti ingegnosi,
E contro l’ignoranza ornai pugnate,
E vibrate vostri strali pungenti.
Si che già più non o»i
Di tenebre occupar le nostre menti.
Pera, «ì pera
L’ignoranza lusinghiera
E l’ozio ancor.
Su questi lidi
Si svenino pur gli infidi
K nel mio cor.
A calmare un entusiasmo cosi poeticamente contagioso,
provvedere don G. 13. Correale, presidente, o meglio principe
dell’Accademia, il quale, dopo parecchie scampanellate,
si alzò, e — non ostante l’età giovanile, tanto per
darsi Un’aria da persona grave — si aggiustò la parrucca,
prese un pizzico di tabacco, si soffiò il naso, si
spurgò, finse di meditare, e, finalmente, recitò un forbito
discorso, in cui parlò dell’antica accademia, felicemente
risorta mercé il patrocinio di s. Gaetano e s. Antonino;
propose il problema se chiedere ad essi per Sorrento
la sapienza o la fortuna; e fece palese l’emblema
adottato dall’Accademia, consistente in una fiamma riaccesa,
col motto Sopitos igne*. Con gran lusso di particolari
spiegò l’origine di questo stemma A. Guardati, in un’ode;
dopo la quale ognuno dei soci illustrò, in versi, il titolo
accademico rispettivamente assunto. Invece la modesta
prosa fu scelta da R. Nobilionc a tessere un panegirico
della virtù, e da P. Sersalc, il quale, uomo più pratico,
lodò, al contrario, le ricchezze, citando Aristotile ed i santi
Padri, e conchiudendo che esse erano molto più necessarie
delle lettere, e da chiedersi per ciò, invece del sapere,
ai santi protettori dell’Accademia.
Il ms. non dice se, dopo tutto questo ben di Dio, qualche
« virtuoso » prendesse la via della porta. Io confesso
che avrei fatto cosi; ma sarebbe stata una solenne sciocchezza,
perchè non avrei potuto gustare nientedimeno un
a Poema heroico » in ottava rima, composto dal a capriccioso
» cancelliere dell’Accademia, don Antonino Falangola.
n Canto » — incomincia il poeta,
Canto, illustri signori, il «mio ardore
Che in petto ad Antonino e a Gaetano
Spira, per richiamarci a quell’amore
Che alla virtù si dee dal cuore humano.
Canio dell’uno c l’altro protettore
La sollecita cura, e con qual man»
Ci rimettano ai studi e abbtan dati
Il titolo e lo spirto a-
Risvegliati.
Naturalmente, nella patria di Torquato Tasso, non si
poteva mancare d’imitare la Gerusalemme; perciò il l’alangola
seguita a cantare:
Vergine, tu che nel celeste regno
Alta risiedi infra beati cori.
Te prtego a prosperare il mio disegno
D’intrecciare a costor lodi et honori.
Tu, che l’oscuriti del mio ingegno
Illustrar sola puoi coi tuoi splendori,
Deh! porgi al petto mio vigore, aita.
Acciò possa mandar voce gradita.
Pare che la « voce mandata » dal poeta fosse davvero
gradita, poiché dopo il poema eroico, gli intervenuti, anziché
! ricordarsi che possedevano delle case, ove, forse, li aspettavano
succulenti pranzi, ascoltarono religiosamente un’altra
dozzina di poesie italiane e latine in lode di Sorrento,
di mons. Filippo Anastasio, uno dei più turbolenti arcivescovi
sorrentini <>, di s. Gaetano, di s. Antonino, dei Teatini,
del p. Innocenzo Savonarola, predicatore di quell’ordine
e promotore dell’Accademia. Finalmente, come Dio
volle, i meno vecchi tra gli accademici si rivolsero galantemente
alle dame intervenute, e resero loro grazie,
cantando :
Col labbro mio puerile.
Al vostro amor gentile
Rendono, ancor più grati,
I lor ringraziamenti i Risvegliati.
Peccato che don Ferdinando Incarriga sia vissuto un secolo
dopo! Sarebbe stato eletto certamente principe dell’Accademia
ad unanimità!
« La seconda tornata dei Risvegliati ebbe luogo il 27 ago-
sto dello stesso anno 1716. Presiedeva don Riccardo Nobilione:
cancelliere, per la seconda volta, il Falangola, di
cui pugno è il ms. dal quale attingo. La faccenda fu molto
più sbrigativa. L’ « ausiliario » don Domenico Nobilione
presentò il « grammaglictto » a Anastasio, declamando:
Questa mano puerile,
Che del già morto aprile
Grato avanzo vi porge in questi fiori,
Vi dona ancor dei Risvegliati i cuori.
Seguirono discorsi ed inni in onore del figliuol maschio
allora nato a Carlo VI imperatore, che doveva piangerne
poco dopo Li morte, cosi funesta a casa d’Austria; né il
1 « capriccioso » cancelliere smise le sue ottave tassesche.
Ma, pei Risvegliati, già cominciava una rapidissima discesa.
(t; Vedi su di lui Giannose, l’ila scritta da lui mitUtimo fedii. Nicolini),
- 129 sgg., e Granito, Congiura di Macchia (Nipoli, Stamperia
dell’Iride, 1861). II, pp. 61 sgg., 115 igg. Infitti, della ter/a ed ultima seduta, tenuta il 4 aprile I
1717, sotto ta presidenza di don Pietro Ser&ale, il Falangola
non dice altro nel ras., se non che il principe propose
il quesito : « Se Iddio abbia mostrato al mondo più
la sua provvidenza nel dare alla serenissima casa d’Austria
il primogenito principe, dopo unti sospiri e premure, o
pure nel levarlo dal mondo dopo tante allegrezze ». Parlò
a favore della prima tesi G. B. Correale, e cominciò a
dissertare a favore della seconda R. Nobilionc; ma, poiché
il discorso di quest’ultimo nel ms. è interrotto nel meglio,
debbo supporre che, tutto ad un tratto, oratore, ascoltanti
e cancelliere fossero caduti, per inconcepibile fatalità, in
un profondo sonno, dal quale, non ostante il loro nome,
non si svegliarono mai più.
Manfredi Fasulo.
L’Allegoria e l’Identità: Le «Adunanze de virtuosi» nell’Iconologia e nel Cinquecento
Il concetto di Accademia come «Adunanza de virtuosi» viene cristallizzato nell’immaginario culturale della prima età moderna, trovando la sua più celebre espressione allegorica nell’Iconologia di Cesare Ripa (edizione 1613). Questa rappresentazione non è solo una descrizione simbolica, ma un vero e proprio manifesto che ne definisce l’identità, il fine e la genealogia, pur operando una deliberata mitografia che ne semplifica la complessa evoluzione storica.
L’Iconografia della Perfezione Intellettuale
Ripa descrive l’Accademia come una figura femminile di aspetto virile, coronata d’oro e vestita di abiti cangianti — simboli rispettivamente della matura cognizione e della varietà delle scienze coltivate. Gli attributi che la circondano ne esplicitano il triplice compito:
- Lavoro e Rigore: Nella mano destra, la figura regge una lima con il motto latino DETRAHIT ATQUE POLIT (“Toglie e leviga”), emblema del difficile esercizio di emendazione e censura intellettuale a cui sono sottoposte le opere dei membri.
- Unione e Fama: La ghirlanda di alloro, edera e mirto allude ai generi poetici, mentre il melograno pendente simboleggia l’unità e il carattere collegiale del lavoro. Cedro, cipresso e quercia richiamano la fama eterna e la virtù raggiunta attraverso la fatica dello studio.
- Assiduità nello Studio: L’ambiente boschereccio (che ricorda il locus amoenus) e la presenza di numerosi libri ai piedi, sorvegliati da un cinocefalo (babbuino, l’antico “ieroglifico delle lettere”), sottolineano l’obbligo dell’assiduità negli studi per chi vuole essere un “accademico litterato.”
La Genealogia Mitografica e la Nuova Struttura
La descrizione di Ripa è volta a connettere immediatamente le accademie seicentesche al loro glorioso archetipo: l’Accademia di Platone fondata nella villa di Academo. Questo processo, definito mitografico, legittima il fenomeno contemporaneo trasferendo la primazia culturale dall’antica Grecia alle comunità erudite dell’Italia, affermando che le attuali “adunanze de virtuosi” ne ripropongono intatta la perfezione.
Tuttavia, l’autore non considera pienamente le radicali trasformazioni avvenute nel Cinquecento. Il termine “accademia” aveva superato la ristretta accezione di scuola superiore (come studium o lyceum), evolvendo grazie alla mediazione ciceroniana del concetto di ozio letterario in villa.
Il modello che si affermò nel Cinquecento, soprattutto a partire dal secondo quarto del secolo, fu il risultato di una fertile contaminazione:
- Cenacolo Umanista: La conversazione dotta e filosofico-letteraria di matrice platonica.
- Sodalizio Nobiliare: Le pratiche di formalizzazione, ritualità, gerarchia interna e denominazione bizzarra ereditate dai club aristocratici e dalle Compagnie della Calza.
Questo nuovo sodalizio trovò il suo principale exemplum di riferimento non tanto nel modello classico quanto nel mondo aristocratico di Urbino, celebrato nel Cortegiano di Castiglione, sancendo il primato del “conversare ordinato” e della dimensione cortigiana e ludica.
L’Accademia come “Piccola Repubblica” di Virtù
Per gli accademici stessi, come per Scipione Bargagli (1569), l’Accademia era definita come un: «Adunamento di liberi e virtuosi intelletti, con utile, honesto e amichevol gareggiamento al saper pronti».
Questa aggregazione non era casuale, ma una società regolata il cui vincolo era la sua stessa “naturalità”. L’Accademia si configura come una “piccola repubblica” che funge da baluardo etico e civile contro la “ferinità” esterna. Come sottolineato da Luigi Groto (1564), essa è una comunità composta per difendersi dai “leoni della superbia” e da altri vizi, in cui lo studio e la “virtuosa concorrenza” diventano strumenti di emendazione morale.
In sintesi, l’Accademia rinascimentale si pose come un micromondo autonomo e sovrano, coniugando l’istanza enciclopedica del sapere con un’esigenza di sociabilità aristocratica formalizzata, cercando la propria legittimazione nel ricordo della perfezione platonica, ma trovando la propria natura più profonda nell’ideale di virtù disciplinata del pieno Cinquecento.
Accademia dei Risvegliati – Sorrento.
Sebbene da questi Accademici avesse preso nome di «Vico Ac cademia » la via che oggi s’appella «Vico I Tasso », ciò non di meno di essi erasi perduta in Sorrento fin la memoria. Tant’è che nessuno. degli illustratori delle Accademie Sorrentine ebbe a ricordarla. La trasse dall’oblio lo studioso Manfredi Fasulo, il quale a pagg. 27-29.. fasc. II, Vol. XIV (1905) della rivista: Napoli Nobilissima, dei sor rentini Risvegliati pubblicò brevi cenni sotto il titolo: Un’ignota Ac-cademia Sorrentina del Secolo XVIII. 11 Fasulo li attinse da un vo-lume ms. di Compositioni Accademiche de Nobili Signori Risvegliati di Surrento, nella di cui seconda pagina sta scritto: «Initium a «Domino. Instituitasi con l’indirizzo dei RR. Padri Teatini la no-«bile Accademia dei signori Risvegliati nel cader dell’anno 1715, si «stabili di registrarne a parte quelle virtuose compositioni, che do-«vevano recitarsi nelle loro comparse pubbliche con quell’ordine « che fossero da essi rappresentate, perchè rimanga in perpetuo. << questa lodevole memoria de’ loro ingegnosi esercitj. Pertanto, es-<< sendosi fatta la prima loro rappresentatione nella chiesa di S. «Antonino, uno de’ protettori della loro illustre intrapresa, a di << 17 febbraio dell’anno 1716, essendo principe il Nobile sig. d. Gio. <<Battista Correale, vi si recitarono le seguenti composizioni, tra-<< scritte dal Nobile sig. d. Antonino Falangola, cancelliere dell’Ac <<cademia ».
I soci si distinguevano in ordinari, ausiliari e virtuosi. De’ primi dal succitato codice si apprendono i seguenti nomi: G. B. Correale-(PImmortale), Riccardo Nobilione (l’Ascoso). Pietro Sersale (PA-nelante), Antonio Falangola (il Capriccioso), Onofrio Sersale (lo Strepitoso), Onofrio Spasiano (il Raffinato); degli ausiliari: Carlo e Niccolò Falangola, Carlo, Antonino e Giuseppe Sersale, Ottavio Correale, Giuseppe Antonio Romano, Fabrizio Romano e Marino Ro mano, Alessandro Guardati, Antonio Molignani, Aniello Nobilione.
Impresa de Sorrentini Risvegliati era una fiamma riaccesa, col motto: SOPITOS IGNES, la di cui origine e significato vennero esposti dall’Accademico Alessandro Guardati in un’ode contenuta nel sur-ricordato libro delle composizioni dell’Accademia.
Scopo principale dell’adunanza si fu di promuovere in Sorrento il risveglio degli studi, che a quel tempo erano stati smessi a danno di quella cultura, per cui meritate lodi eran derivate alla patria del Tasso. E le composizioni di questi Accademici comprovano che essi si eran posti all’opera di rigenerazione intellettuale della loro città con straordinario impegno. Purtroppo soli due anni durò l’attività dei Risvegliati, cioè dal 1715 al 1717. L’ultima loro tornata si tenne il di 4 aprile 1717, e vi si discusse il problema: Se Iddio abbia mo-strato al mondo più la sua provvidenza nel dare alla Serenissima casa d’Austria il primogenito principe, dopo tanti sospiri e premure, o pure nel levarlo dal mondo dopo tante allegrezze.
Le poesie de’ Risvegliati non s’innalzano sopra quelle delle altre Accademie dell’epoca, ma tuttavia il verso loro si presenta sonoro e ben vestito.
Fonte : PositanoNews.it