Ravello . Giovanni Sansone e Alfonso Sorrentino del Caruso si raccontano “Autenticità e passione: così si conquistano gli ospiti “

19 Novembre 2025

Ravello, Costiera amalfitana . La passione che non si arresta, che diventa una scintilla capace di ravvivarsi senza sosta, di fornire energia ed entusiasmo, di competere con la stanchezza, con lo stress e vincere senza esitazioni. Una passione che non è millantata, che non è solo proclamata, descritta, ma che arriva diretta, che si legge negli occhi, negli atteggiamenti, perfino e soprattutto nelle scelte di vita. Ed è passione, autentica ed inarrestabile, quella che sicuramente anima i protagonisti della mia nuova intervista doppia, un’intervista giocata tutta sul ring della sala e della cucina, in rapporto osmotico tra loro, completamente interdipendenti, come è giusto che sia.




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Giovanni Sansone, maitre nell’anima e Assistant Restaurant Manager del Caruso, a Belmond Hotel Amalfi Coast, è il primo dei due protagonisti. Con lui Alfonso Sorrentino, Chef de Cuisine della stessa struttura cinque stelle lusso di Ravello. Entrambi sono accomunati, oltre che dalla passione, dalla consapevolezza che autenticità, costanza, fiducia sono elementi imprescindibili per il successo, per arrivare all’obiettivo, e che davanti ad un sogno, ad una meta, non esistono dubbi, fallimenti, fragilità. Bisogna proseguire convinti, con un sorriso, con garbo e caparbietà, nel caso di Giovanni Sansone, con dettagli, ingredienti, sperimentazioni, intuizioni, nel caso dello chef Alfonso Sorrentino.

Giovanni Sansone
Assistant Restaurant Manager
Giovanni, l’ospitalità è il punto fermo della tua vita, una vocazione, a tratti anche una missione. Quali sono gli errori più comuni, e dunque da evitare, per chi fa il tuo mestiere? Sicuramente bisogna evitare di fingere, di non essere autentici. L’ospite si accorge subito se l’atteggiamento è artificioso, se manca di spontaneità. In un hotel come il Caruso, i cui ospiti sono abituati ad essere coccolati in tante strutture di prestigio, la differenza la fa proprio l’atteggiamento autentico, spontaneo. La professionalità è certo importante ma, talvolta, è meglio essere manchevoli in qualche aspetto, che si può sempre migliorare e compensare, piuttosto che non essere autentici. E’ un requisito fondamentale dell’ospitalità.
La tavola è il luogo in cui, come sappiamo, si è generalmente più onesti e sinceri. Tanti anni nel settore che cosa ti hanno fatto capire degli ospiti? Cosa cercano davvero durante un’esperienza gastronomica? Innanzitutto parto da un presupposto, ossia che gli ospiti a tavola sono tutti uguali, sia quello che spende tantissimo, sia quello diametralmente opposto. A tavola gli ospiti cercano onestà, vogliono conoscere la nostra cultura gastronomica, le nostre tradizioni. Ecco perché sono convinto che maitre e camerieri, quelli che poi per primi si interfacciano con gli ospiti e che sono più a diretto contatto con loro, non siano solo maestri dell’ospitalità ma soprattutto ambasciatori dei prodotti, del territorio e di un intero Paese. Gli ospiti possono certo acquistare i prodotti, ordinarli, ma la differenza è nel fattore umano, nell’interazione, nel nostro modo di coinvolgerli e conquistarli con la cultura e la gastronomia del territorio, con le nostre competenze.
A fine stagione, al Caruso, quando il buio arriva prima e c’è il rituale passaggio dei ristoranti dalla location esterna a quella interna, qual è il primo pensiero che ti assale? Il primo pensiero è la costanza, il dimostrare lo stesso entusiasmo con gli ospiti nonostante il cambiamento tangibile dovuto alle circostanze climatiche. Noi dobbiamo evitare che l’ospite avverta questo passaggio e dimostrare che il Caruso è bello anche quando ormai le giornate sono più brevi e il freddo comincia a farsi sentire. Siamo noi a mantenere l’ambiente accogliente e a riscaldare con la nostra professionalità e con un sorriso.
C’è un ricordo del tuo lavoro assolutamente indelebile e che porterai sempre con te? Un ricordo che mi emoziona ancora è quello di un ospite arrivato al Caruso per organizzare il matrimonio. L’anno successivo si è sposato, al Caruso ovviamente, e siamo rimasti in contatto anche nei mesi in cui non è tornato a Ravello. Poi è venuto con moglie e figlio, un bimbo di circa 3 anni e per consentire alla moglie di rilassarsi completamente, mi ha letteralmente affidato il bambino, quando facevano a colazione, mentre cenavano. Questo mi ha fatto capire che aveva piena fiducia in me, che ero quasi parte della loro famiglia. E’ qualcosa che non dimenticherò mai e che va ben oltre il rapporto cliente e dipendente: dimostra che si è creato un legame prezioso, di rispetto, fiducia e, appunto autenticità. Giovanni Sansone mi chiede di poter aggiungere una riflessione. Per questa riflessione non c’è una mia domanda ad anticiparla, ma solo, ancora una volta, tanta passione.
“Vorrei aggiungere che dopo il periodo cupo causato dal Covid, i maitre e i camerieri sono stati coloro che hanno permesso di ricostruire l’atmosfera a tavola, di eliminare il distanziamento sociale, di riunire le famiglie. Siamo quelli più vicini agli ospiti, ai clienti, e credo che il nostro apporto nella fase di ripresa post Covid sia stato fondamentale a tavola per eliminare quella paura di avvicinarsi che era diventata ormai per tutti una triste regola”.

Alfonso Sorrentino
Chef de Cuisine
Chef, la cucina di un hotel di lusso è un po’ come la cabina di comando di una nave importante. Continuando con questa metafora, quali sono secondo te le tecniche, o meglio i segreti, per mantenere salda la rotta ed evitare gli scogli? Per mantenere salda la rotta, per migliorare sempre, sicuramente un elemento fondamentale è la costanza. La costanza deve essere estesa dal servizio alla qualità dei prodotti e degli ingredienti, deve valicare gli stessi limiti dell’hotel e arrivare fino ai fornitori con cui collaboriamo che devono garantire intatto il livello di qualità di cui necessitiamo. Una costanza che si manifesta anche nella scelta stessa dei fornitori con cui collaboriamo, per lo più di nicchia. Una costanza a 360 gradi che si estende dal piccolo fornitore a noi in cucina e fino alla sala in cui quel determinato prodotto viene esaltato e promosso agli ospiti dai colleghi.
Hai sicuramente un’esperienza solida nel settore: il Caruso in cosa si differenzia da tutto quello che hai sperimentato prima? Qual è la magia che si trasferisce anche dietro le quinte, in cucina appunto? Non è sicuramente soltanto una questione di lusso. La differenza è il fatto che siamo una famiglia, sia tra noi dello staff che con gli ospiti che scelgono il Caruso. Questa consapevolezza si trasferisce fino ai clienti che vengono coccolati come familiari lontani. Il tutto si traduce in attenzioni che devono non solo rispettare le esigenze degli ospiti ma addirittura anticiparne i desideri. Se sappiamo che un ospite gradisce un determinato piatto o un prodotto, sarà la prima cosa che troverà a tavola. In questo modo dimostriamo di avere a cura i suoi desideri ma anche di ricordare esattamente le sue preferenze e i suoi gusti.
Se potessi descriverti con un ingrediente, quale sarebbe e perché? Penso subito ad un ingrediente che deve essere presente per esaltare il sapore, per arricchirlo, ma senza risultare ingombrante, invadente, preponderante. Ti dico il pepe perché è una spezia che sta bene con tutto, con il pesce come con la carne e la pasta, esalta ma, se dosato ed utilizzato nel modo giusto, non prevarica.
Un giorno di lavoro al Caruso, tra tutti quelli vissuti fino ad ora, che ti porti saldo nel cuore? Ripenso sicuramente alla mia prima estate al Caruso, quella del 2023. E’ stata la più difficile ma anche la più importante perché davvero ci ha dato la rotta. Eravamo una brigata quasi tutta nuova, non numerosa, circa 20 unità e avevamo il compito importante di portare avanti la cucina di un hotel di lusso. Ci sono stati momenti intensi, complessi, trafelati ma coloro che hanno creduto nel progetto Caruso e nel progetto dell’Executive Chef, oggi vedono i risultati e stanno raccogliendo i frutti.
La mia intervista doppia con Giovanni Sansone e Alfonso Sorrentino si chiude qui. Penso che si sia avvertita una nota di fondo comune, oltre alla passione. La parola famiglia è stata presente dall’inizio alla fine: si è famiglia durante i turni di lavoro, quando stress, soddisfazione e concitazione creano un amalgama complesso ma si è famiglia anche con chi arriva da lontano e si aspetta la magia. E di quella magia, Giovanni Sansone ed Alfonso Sorrentino sono autentici e appassionati fautori.

Fonte : PositanoNews.it

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