
Un terroir unico e la filosofia dell’attesa si fondono nelle vigne dell’Abbazia di Crapolla, dove la vendemmia si fa attendere, trasformando una potenziale criticità in un inaspettato punto di forza. Siamo stati accolti tra i filari perfettamente curati della tenuta, incontrando il direttore enologo Erbaggio, per svelare i segreti della loro produzione, in particolare del celebrato vino bianco, il “Sireo”.
“Siamo qui nelle cantine dell’Abbazia di Crapolla con il direttore eno, e la nostra curiosità ci spinge a chiedergli perché trattenete la vendemmia un po’ più sul tardi,” esordiamo, notando i vigneti ancora carichi.
L’enologo Erbaggio spiega la particolarità: “Sì, si tratta di una maturazione un po’ particolare delle nostre varietà autoctone che, nonostante siamo vicino al mare, tardano ad accumulare zucchero. Inizialmente, venendo da altre zone produttive della Campania, la vedevo come una forte criticità e fonte di preoccupazione.”
Ma è qui che l’esperienza si è trasformata in virtù: “Col tempo ho capito che non si applica una ricetta uguale dappertutto. Ho dovuto imparare l’arte dell’attesa, del tempo. L’uva vuole che tu l’attendi, vuole rispetto per i suoi tempi,” rivela l’enologo, evidenziando come questa lentezza abbia portato a un risultato sorprendente.
Una Vendemmia Tardiva “Senza Zavorra”
La maturazione più lenta e l’esposizione prolungata al sole, infatti, conferiscono ai vini una maggiore caratterizzazione varietale. “È come se fosse una vendemmia tardiva, ma senza la zavorra di troppo zucchero. Questo si traduce in una forte caratterizzazione delle nostre rarità,” spiega Erbaggio, sottolineando come l’influenza del sole sulla buccia per più tempo esalti le qualità organolettiche.
Il terroir gioca un ruolo fondamentale. Mentre gran parte dei vitigni campani prosperano su suoli di origine vulcanica, l’Abbazia di Crapolla vanta una composizione unica. “Abbiamo pietra calcare che fa da vaso a materiale vulcanico,” precisa l’enologo, svelando che il suolo è spiccatamente vulcanico, arricchito da una “dinamica dell’acqua assolutamente favorevole al ciclo vegetativo,” che contribuisce alla maturazione tardiva.
Una scelta non casuale, se si pensa che i monaci, fondatori della “gran garancia” in questa piana, erano “ingegneri ambientali di tutto rispetto,” che basavano la loro attività produttiva sulla regimazione delle acque.
Produzione di Nicchia e Il “Miracolo” Sireo
La produzione della Cantina Abbazia di Crapolla, sotto la guida della famiglia D’Ifano, è mirata e di alta qualità. “Produciamo due vini bianchi fermi, tra cui l’apprezzato Sireo (un vino che, a detta degli estimatori, ‘lo beviamo dalla pizza alla tagliata’), e da quest’anno anche una base spumante Metodo Champignuans. E ancora, un Pinot Nero in purezza e il Sabato, un rosso facile da bere, proveniente da un vitigno antico a rischio di estinzione che abbiamo recuperato.”
Nonostante i soli due ettari di vigneto, l’azienda compie un “miracolo ogni anno,” riuscendo a produrre in media 10.000 bottiglie. Un numero non sufficiente a soddisfare le richieste, ma che trova un alleato prezioso nella ristorazione locale. “Abbiamo la fortuna di avere una ristorazione qualificata a chilometro zero che è stata la chiave del nostro piccolo successo, perché ha creduto in noi,” conclude il direttore enologo.
Mentre l’intervista volge al termine, non possiamo che unirci all’augurio: Viva il Sireo e viva la penisola!
Viaggio nel Terroir Vulcanico di Crapolla: L’Enologo Erbaggio e Il Segreto del Suolo che non ha Sete Mai
Crapolla (NA) – Una passeggiata tra i filari dell’Abbazia di Crapolla con l’enologo Erbaggio si trasforma in una vera e propria lezione di geologia vitivinicola. Qui, a pochi passi dal mare, il segreto non è solo l’arte della “vendemmia tardiva” – di cui si è parlato in precedenza – ma anche l’incredibile composizione di un suolo che resiste ostinatamente alla siccità, mantenendo le viti sempre attive e in salute.
“Il suolo è prettamente vulcanico, e nulla ha a che vedere con la roccia madre di base,” spiega l’enologo, indicando le pareti calcaree. “Quella roccia là [dolomitica, tipica di Capri e dei Lattari] non è la roccia madre del suolo agrario, ma costituisce soltanto un grande vaso che ha accolto questi piroclasti dalle eruzioni.”
Il Suolo di Ricaduta e la Ricchezza Organica
La penisola sorrentina, e in particolare questo terroir, è plasmata da un fenomeno unico: il suolo è di “ricaduta”, formatosi da ceneri, pomice e lapilli accumulati nelle piane, trasportati nel corso dei millenni dai sottoboschi in altura.
“Questa genesi ci regala una grande presenza di sostanza organica,” sottolinea Erbaggio. Una risorsa preziosa, se si pensa che la mancanza di sostanza organica è una criticità drammatica in gran parte d’Europa. “Qui, invece, abbiamo una situazione opposta: suoli molto friabili e freschi – cenere, pomice, lapillo, grande quantità di sabbia, poca argilla – con una grande quantità di sostanza organica.”
Questo mix virtuoso si traduce in un beneficio vitale per le piante: “Questi suoli non soffrono mai la siccità degli ultimi anni, nonostante siamo in una zona calda vicino al mare. Le piante sono sempre in attivo,” ribadisce l’enologo, mostrando la vitalità della vegetazione.
Tra Fiano e Falanghina: L’Impronta del Blend
I vigneti ospitano, in prevalenza, due dei più importanti vitigni campani: la Falanghina (la spina dorsale della regione) e il Fiano. Un nuovo impianto è dedicato al Fiano, “sensibilmente meno produttivo per pianta rispetto alla Falanghina,” ma essenziale per raggiungere l’equilibrio desiderato nei vini.
Il Fiano, infatti, apporta le ambite note minerali. “Abbiamo dovuto aumentarne la presenza perché, essendo meno produttivo, rischiava di essere sovrastato dalle note fruttate della Falanghina,” spiega Erbaggio. L’obiettivo è esaltare nel Sireo e nel Poizzo le caratteristiche varietali del Fiano: “questa spiccata mineralità, le note verdi, ‘d’erbaggio’ e speziate, che fanno la fortuna anche di altre zone.”
L’Affrancamento dal Varietale Puro: La Filosofia del Blend
L’enologo rivela la filosofia aziendale, in controtendenza rispetto alla prassi campana di produrre vini varietali al 100%.
“Il progetto di questa cantina è un po’ affrancarsi dal discorso varietale. C’è la tendenza da noi in Campania nel fare vino puro… Qua il progetto è un pochettino in negativo rispetto a questa tendenza: puntare sui blend, puntare sulla irriconoscibilità se vogliamo varietale,” afferma Erbaggio con convinzione.
Lo spirito aziendale è chiaro: “Chi beve il nostro vino deve riconoscere Crapolla, e non dovrebbe riconoscere la Falanghina e il Fiano.” Una scelta che celebra il terroir e la mano dell’uomo, valorizzando l’unione dei due vitigni in un’etichetta che porta con sé tutta la storia unica di questo angolo della penisola.
Poizzo: Il Vento di Terra Che Diventa Vino all’Abbazia di Crapolla
Vico Equense (NA) – Non è solo un vino, ma un vero e proprio omaggio al territorio. Il Poizzo, il bianco prodotto in quantità limitate dall’Abbazia di Crapolla, porta nel nome un elemento quasi sconosciuto ai più: il vento di terra che spira tra i canaloni dei Monti Lattari, scendendo verso Vico Equense. Un vento generato dal contrasto delle temperature che, come il vino, è responsabile dell’unicità del terroir.
Il Poizzo si presenta nel calice con un colore paglierino e iniziali riflessi verdolini, rivelando da subito un tratto aromatico distintivo. Sebbene sia un blend di Fiano e Falanghina, è il tocco aromatico dato dall’uva Moscato coltivata in sede a renderlo “più profumato e impertinente” del suo alter ego, il Sireo.
Fresco, Sapido e Complice dei Nuovi Trend
Descritto come un vino fresco e sapido, il Poizzo vanta spiccate note di pera, fiori bianchi e una vibrante mineralità. Ma è l’aggiunta del Moscato che esalta la sua gradevolezza gustativa, rendendolo un bianco atipico e versatile.
“Ciò non sottrae freschezza, ma esalta la gradevolezza gustativa di questo bianco atipico, rendendo il Poizzo complice di aperitivi anche di ultima generazione, ove agrodolce, speziato e balsamico sono divenuti un trend internazionale,” si legge nella presentazione. Un vino di piacevolezza raffinata, molto interessante per la tavola contemporanea.
Una Storia di Passione e Battaglie Vinte
Dietro il piccolo miracolo di Crapolla si cela una storia secolare che affonda le radici tra l’XI e il XII secolo, quando si dice fosse la grangia (fattoria) dell’abbazia madre di Vico. Oggi, l’Abbazia è la sede dell’azienda vinicola fondata nel 2007 da due appassionati visionari: Fulvio Alifano, medico, e Giuseppe Cuticini, imprenditore.
Guidati inizialmente dal luminare Luigi Moio e successivamente dal suo allievo, l’enologo Arturo Erbaggio, i due soci hanno dato vita al loro progetto superando non poche difficoltà, legate soprattutto ai vincoli paesaggistici e architettonici della zona. Le battaglie per l’azienda sono state e continuano a essere numerose, ma la voglia di far conoscere i frutti del loro impegno vince su tutto.
Vigneti tra Mare e Monti: Il “Miracolo” dei Climi Estremi
Le vigne dell’Abbazia di Crapolla sono state impiantate a 300 metri sul livello del mare, sopra lidi rinomati come il Bikini. Sebbene Vico sconti la pecca di non avere un terreno naturalmente vocato solo ai vitigni autoctoni – tanto che qui si coltivano Moscato, Fiano e Falanghina per i bianchi, e Pinot e Montepulciano per i rossi – l’azienda ha adottato strategie mirate.
Le vigne presentano un’alta densità di ceppi per ettaro, garantendo produzioni per pianta limitate e concentrate. A ciò si aggiungono la rinomata vendemmia tardiva e una forte escursione termica. Come recita un vecchio proverbio, “il fiore che nasce nelle avversità è il più raro e il più bello di tutti”. Applicato al vino di Crapolla, il risultato è un piccolo, ma vibrante, miracolo enologico.
Il Poizzo, insieme al Sireo (Fiano e Falanghina, elegante e discreto), al Nireo (Pinot in purezza) e al Sabato (blend di Pinot, Montepulciano e l’omonima uva locale da tavola), costituisce il poker di vini che incarna la passione e l’impegno dell’Abbazia di Crapolla, perfettamente accostabili alla ricca tavola costiera.
Fonte : PositanoNews.it