Sorrento (NA) Ieri sera nel Chiostro di San Francesco nell’ambito della XV edizione di Sorrento…
Sorrento (NA) Ieri sera nel Chiostro di San Francesco nell’ambito della XV edizione di Sorrento Classica, con la direzione artistica del Maestro Paolo Scibilia di scena “Sogni Notturni” con Bruno Gambarotta e Giorgio Costa al piano, acclamato solista votato al repertorio classico. Bruno Gambarotta scrittore di gialli e divertenti parodie come “Il Codice Gianduiotto”, spalla celeberrima di Adriano Celentano in fortunate trasmissioni televisive, stimato gastronomo ed esperto di musica Lirica e Classica, proprio in questa veste ha presentato al pubblico sorrentino un recital dedicato a Frédéric François Chopin. La formula è quella già ampiamente collaudata nel precedente appuntamento di “Sorrento Classica” con Michele Placido e il duo pianistico Marco Schiavo & Sergio Marchegiani, sempre all’interno del Chiostro, dove l’attore, famosissimo Commissario Cattani de “La Piovra” aveva recitato un testo di Stefano Valanzuolo sulla vita di Franz Schubert alternando la sua performance a quella dei pianisti che eseguivano gli indimenticabili brani del compositore viennese. Un format che sta incontrando il favore del pubblico in tutta Europa e tra i cultori della musica dotta di Sorrento, non è stato da meno. Bruno Gambarotta ha raccontato con stile pacato e quel pizzico di irresistibile humour, che ne ha sempre caratterizzato le conduzioni televisive con il Molleggiato, la vita di Chopin dagli inizi, da quando, bambino prodigio, stupiva familiari e cittadini della piccola Sochaczew, comune rurale situato a 60 chilometri a ovest di Varsavia, quindi la vita da esule polacco a Parigi, gli stenti ma anche i grandi successi. La tubercolosi, che non gli diede tregua tutta la vita e soprattutto gli amori, su tutti: il legame tormentato con la scrittrice George Sand, infine la morte in solitudine, di questo straordinario poeta del pianoforte di cui Giorgio Costa ha interpretato da par suo preludi, notturni e ballate sottolineando con la sua di performance, la genialità di quest’uomo che resta ancor oggi, a 212 anni dalla nascita, insuperato e insuperabile per tecnica e creatività. Quella che segue è l’intervista che il dottor Bruno Gambarotta mi ha gentilmente concesso.
Buonasera e complimenti, un’esibizione perfetta. Mi spiega come nasce questo progetto su Chopin?
Grazie per le belle parole. Nasce da una grande amicizia con musicisti come Giorgio Costa che avevano bisogno di qualcuno che gli presentasse dei grandi compositori ma non volevano un musicologo, perché non volevano fosse una lezione accademica, quindi hanno incaricato me di raccontare con leggerezza la vita di questi uomini illustri. Sapevano che sono un appassionato di musica classica, che di Chopin in particolare ho letto gli epistolari ma ho sempre cercato di esporre i fatti con chiarezza e semplicità, lasciando al centro del progetto la musica. A me piace molto questa formula, che mi sta permettendo di girare l’Italia con ottimi musicisti. Attualmente abbiamo questo lavoro su Chopin ma anche un altro su Mozart. Sia il primo sia il secondo hanno trovato il favore del pubblico, che viene volentieri ad ascoltarci.
So che lei è anche un grande esperto di Lirica, mi piacerebbe sapere qual è la sua opera e il suo compositore preferito?
In assoluto, tra le opere, “Le nozze di Figaro” perché è un’opera completa, una storia affascinante, piena di spunti. Poi il Don Giovanni, aggiungo tra i compositori che amo molto Verdi. L’Attila di Verdi la trovo un’opera superba.
La ricordo anche premiato scrittore di gialli, cito su tutti “La nipote scomoda”(Mondadori) che scrisse a quattro mani con Massimo Felisatti, scrive ancora gialli?
Sì, dopo quelli editi con Garzanti sono passato ad un editore di Lecce, Manni, con loro ho già pubblicato cinque romanzi. Ma i miei sono gialli per modo di dire, nel senso che “non scorre il sangue”. Sono intrecci che hanno alla base fraintendimenti, ambizioni culturali etc.
Quale scrittore di gialli le piace?
Io amo Italo Calvino, in generale. A me piace leggere scrittori che sono lontanissimi dal mio modo di scrivere. Ho letto molto gli americani, Mary Flannery O’Connor, per citargliene uno, la trovo una scrittrice straordinaria, così come Raymond Carver, ultimamente la mia attenzione è caduta sul Nobel tedesco, Winfried Georg Sebald, un altro scrittore lontano dal mio stile ma che mi affascina.
A proposito di Carver mi è venuto in mente che lei durante lo spettacolo ci ha ricordato che Chopin era uno che creava quando sentiva l’ispirazione non su commissione, proprio come Raymond, che scrive in un suo celebre articolo che un autore dovrebbe scrivere solo quando ha qualcosa da dire.
Sì, questo è importante sottolinearlo perché è netta la differenza invece con chi scrive su commissione, con chi ha delle scadenze da rispettare. Ma è capitato a tutti noi, e capita spesso anche a me, di dover scrivere rispettando scadenze e anche numero di battute.
Infine vorrei approfittare della sua competenza di gastronomo e chiederle di raccontarmi della cucina piemontese che mi incuriosisce e di un cuoco che potrei definire piemontese d’adozione ma ticcianese* di origine come Antonino Cannavacciuolo. (*Ticciano, frazione di Vico Equense N.d.A.)
Antonino Cannavacciuolo. l’ho conosciuto tanti anni fa a Villa Crespi, una splendida villa storica situata nel comune di Orta San Giulio, presso il lago d’Orta. Cannavacciuolo è una persona molto simpatica, un uomo generoso. Da lui mangiai benissimo. Sa non c’è niente da fare, il successo televisivo è dato anche dalla sincerità del personaggio, il pubblico non lo puoi ingannare. C’è una specie di quid, un fluido, come dire, che passa dal personaggio allo spettatore. Antonino Cannavacciuolo è un grande, il suo personaggio buca lo schermo perché possiede questo feeling che lo lega agli spettatori. Sulla cucina di casa mia, le posso invece dire invece che non è moderna e richiede lunghe digestioni: il bollito misto, il fritto misto, la finanziera, tutti piatti ottocenteschi, di gente che faceva la fame tutto l’anno e poi si lasciava andare quando era possibile. Piatti complicati che richiedono impegno e lunghe preparazioni e cotture, con la cucina odierna non vanno d’accordo. Tornando ai cuochi invece, mi piace aggiungere che la grandezza di uno chef ma ancor di più il successo di un ristorante non nasce a tavola ma ancor prima: nell’accoglienza. C’è una statistica che rivela che la maggior parte delle persone ricorda di più come è stata trattata in un ristorante, che non quello che ha mangiato. Per questo di uno chef o di un ristoratore ciò che mi colpisce è come tratta i propri commensali dall’inizio alla fine. Poi amo una certa discrezione, le faccio un esempio, una volta a Napoli, in una trattoria, mi capitò di ordinare polipetti affogati. Dopo qualche minuto, esce dalle cucine il cameriere e urla: E’ purpitielli affugat’, ‘e chi so’ sti bell’ purpitiell’affugat? Beh, se io non avessi voluto farlo sapere al mondo intero che avevo scelto questo piatto? Sarebbe stato impossibile tenerlo segreto (Ridiamo N.d.A.)
Le voglio strappare un’ultima battuta su Adriano Celentano e quella stagione televisiva di successi che visse con lui?
Con Adriano Celentano nel 1987 nacque una bella amicizia, a lui devo molto. Io prima facevo il funzionario, il produttore esecutivo, fu lui a scoprire in me questa vena di intrattenitore, fu lui a spingermi a fare la spalla, non si fidava degli altri ma di me si fidava.
La ringrazio
di Luigi De Rosa
Link utili: http://www.societaconcertisorrento.it/
Luigi De Rosa, Giorgio Costa, Bruno Gambarotta e Paolo Scibilia
Nella foto il pianista Giorgio Costa, il presidente dell’Istituto di Cultura Torquato Tasso, Luciano Russo. Il patron del “Donna Sofia” Mario Capozzi, che con sua moglie, Lina Aversa, nella foto accanto a Bruno Gambarotta, sono degni rappresentanti di quella cosiddetta “haute cuisine napoletaine”, che Antonino Cannavacciulo ha contribuito a rendere stellata e internazionale.
Fonte : PositanoNews.it