Ulteriori, insostenibili rincari per gas ed energia elettrica, soprattutto. Ma non solo. I venti di…
Ulteriori, insostenibili rincari per gas ed energia elettrica, soprattutto. Ma non solo. I venti di guerra che soffiano al confine tra Ucraina e Russia rischiano di complicare ancora di più la vita di famiglie e imprese italiane, già alle prese con gli effetti della crescita dell’inflazione sul paniere dei beni di largo consumo. Sono annunciati forti aumenti di prezzo per grano e mais con rimbalzi su pane, biscotti e allevamenti.
E sembrano inevitabili, se la situazione precipitasse, pesanti contraccolpi su fatturato e occupazione per le filiere di settori strategici dell’export nazionale come moda, mobili e macchinari, che sul fronte orientale sembravano in ripresa. Ecco una mappa di ciò che l’escalation potrebbe provocare.
BOLLETTE
Sono destinate a salire, gli operatori di settore non hanno dubbi, scrive Nando Santonastaso sul Mattino . Di quanto, per ora, è impossibile stabilirlo. Anche prima che le tensioni belliche diventassero così preoccupanti, le famiglie italiane sapevano che per effetto dei rincari delle materie prima e dell’energia avrebbero dovuto sostenere nel solo primo semestre 2022 un aumento complessivo di 33,7 miliardi di euro in bolletta, secondo una stima dell’ufficio studi della Cgia di Mestre. Nello stesso periodo del 2019 si raggiungevano gli 8 miliardi. Il prezzo del gas è già aumentato del 500% rispetto a due anni fa mentre secondo le previsioni di Nomisma Energia il prezzo dell’energia elettrica potrebbe toccare i 200 euro per megawattora se si arrivasse alla guerra.
L’Italia ha sicuramente depositi di riserve di gas superiori alla media europea ma importa circa il 90% del gas che consuma, come la Germania. Di fatto è uno dei Paesi più esposti alla crisi ucraina.
GRANO E MAIS
Coldiretti calcola che per effetto della crisi Ucraina-Russia le quotazioni del grano sono balzate del 2% in un solo giorno mentre il mais destinato all’alimentazione del bestiame ha raggiunto il valore massimo da sette mesi. Per l’Italia è ben più di un campanello d’allarme: lUcraina è infatti il secondo fornitore di mais destinato all’alimentazione del bestiame nelle stalle con una quota di poco superiore al 20%. Per gli allevamenti sarebbe un colpo mortale perché il mais è la componente principale dell’alimentazione degli animali e l’Italia è costretta a importare oltre la metà del fabbisogno (53%). Dall’Ucraina – continua Coldiretti – arriva in Italia anche grano tenero per la produzione di pane e biscotti per una quota pari al 5% dell’import totale nazionale. Un valore quasi doppio rispetto a quello proveniente dalla Russia (44mila tonnellate) da cui quale arriva anche il grano duro per la pasta (36mila tonnellate).
LA FRUTTA
Giacomo Suglia, presidente di Apeo Puglia, Associazione di produttori esportatori ortofrutticoli, non ha dubbi: «Questo stato di cose danneggia il mercato del prodotto fresco e alla lunga colpisce anche il nostro export, che nel 2021 è vicino ai 5 miliardi di euro di valore, secondo solo al vino», dice. E spiega: «Anche la Bielorussia ha chiuso le sue frontiere ai nostri prodotti e la minaccia di nuove sanzioni contro la Russia alimenta una spirale che già è costata tantissimo al nostro agroalimentare con una perdita di 1,5 miliardi di euro negli ultimi 7 anni e mezzo. La nostra frutta, in particolare l’uva da tavola pugliese, ha perso un mercato per noi importantissimo». Le tensioni orientali stanno avendo effetti indiretti anche sull’ortofrutta: «I due grandi fornitori di ortofrutta del mercato ucraino (in particolare mele, uva, drupacee e kiwi) sono Polonia e Grecia. Con la situazione attuale, i flussi di export di questi due Paesi verso l’Ucraina potrebbero reindirizzarsi verso il mercato europeo, creando un surplus di prodotto di qualità bassa ma anche di prezzo basso, con il rischio di danneggiare i nostri prodotti che grazie alla loro qualità costano di più», dice Suglia.
LE IMPRESE
L’embargo russo dei prodotti italiani ha già prodotto effetti tutt’altro che trascurabili. «Tra il 2014 e il 2021 spiega Confartigianato – le nostre esportazioni verso la Russia hanno accumulato un calo del 29,3%, il peggiore tra i principali Paesi dell’Ue. Pesantissima la diminuzione per la moda (-43,4%), seguita dai macchinari (-6,7%). A livello territoriale, le conseguenze più gravi in termini di crollo dell’export verso la Russia si sono registrate in Abruzzo (-75,9%), nelle Marche (-59,6%), in Toscana (-40,4%)». Ora che il rischio di guerra tra Ucraina e Russia è di nuovo alto, le previsioni volgono, se possibile, ancora di più al peggio. Le sanzioni a carico della Russia, dice ancora Confartigianato, bloccherebbero un export che nel 2021 aveva registrato deboli segnali di ripresa, con la vendita di prodotti italiani per circa 8 miliardi, ancora inferiori al periodo pre-pandemia. «Tra i prodotti italiani più apprezzati a Mosca vi sono macchinari e apparecchiature: nel 2021 ne abbiamo esportati per 2.147 milioni di euro (pari al 27,9% del made in Italy in Russia). Seguono la moda per 1.346 milioni di euro (17,5% del totale del nostro export in Russia), i prodotti chimici per 720 milioni di euro (9,4%), i beni alimentari e bevande per 635 milioni di euro (8,3%)». Dietro queste percentuali ci sono soprattutto micro e piccole imprese (soprattutto di alimentari, moda, mobili, legno, metalli): «Sono quelle che vendono in Russia prodotti per 2.684 milioni di euro, pari al 34,9% delle nostre esportazioni nel Paese». Ad oggi il loro futuro è un’incognita grande così.
Fonte : PositanoNews.it